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Tuesday, December 15, 2020

Il fare alle origini della cultura materiale

 Risultati immagini per egypt potter wheel Khnum

il dio Khnum  crea l'uomo sul tornio del vasaio

Nell'antica Grecia il verbo poieo (inf. poein) aveva il significato di "fare", ma originariamente si riferiva all'atto creativo del vasaio che modellando la creta informe sul tornio ne estraeva un vaso. Di qui il significato creativo del fare, simile all'atto divino della creazione. Di qui la poetiké techne e la poiesis, donde la nostra "poesia"

Xiaoyuncong nvwa.jpg
女娲 (Nüwa) ripara il pilastro del paradiso

Genesi 2,4-7
4 Queste le origini del cielo e della terra, quando vennero creati. Quando il Signore Dio fece la terra e il cielo, 5 nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo 6 e faceva salire dalla terra l'acqua dei canali per irrigare tutto il suolo -; 7 allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente.

Risultati immagini per vasaio


poiein kai prattein (creare e agire)

Tuesday, October 20, 2020

Umberto Eco, dalla semiotica all'enciclopedia

 Un'intervista a Umberto Eco





Strumento

strumento: /stru'mento/ (lett. istrumento; ant. instrumento) strumento m. [lat. instrumentum, der. di instruĕre "costruire, apprestare"]. - 1. a. [oggetto necessario per compiere una determinata operazione o svolgere una certa attività: acquistare gli strumento...

Strumento in Vocabolario on-line Treccani


Tuesday, December 31, 2019

L'atlante delle parole


Le parole hanno una loro geografia. Questa immagine tratta dall'Atlante Linguistico Italia-Svizzera mostra le forme dialettali della "carrucola".

Tuesday, December 24, 2019

Le parole / i concetti

Ambiente / Ambient
Arte / Art
Artefatto  / Artifact
Artificiale / Artificial
Artigianato / Craft
Brevetto / Patent
Bricolage / Bricolage
Catalogo / Catalogue
Civiltà / Civilization
Comunicazione / Communication
Consumo Consume
Cosa / Thing
Cultura / Culture
Design / Design
Documento  / Document
Emblemi / Emblems
Esposizione / Exhibition
Fare / to make
Feticcio / Fetish
Industria / Industry
Innovazione / Innovation
Macchina / Engine
Memoria / Memory
Merce /  Goods, Commodity
Misura / Measure
Mito / Myth
Moda / Fashion
Museo / Museum
Narrazione / Storytelling
Norma / Standard
Oggetto / Object
Poesia / Lyrics
Progetto / Project, Design
Protesi / Prosthesis
Pubblicità / Advertisement
Rivoluzione / Revolution
Scatola / Box
Segno / Sign
Spazzatura / Garbage
Standard / Standard
Storia / History
Strumento / Instrument
Tassonomia / Taxonomy
Tecnica / Technology
Utensile / Tool

Wednesday, December 18, 2019

Machine VS Engine

Citato da Maurizio Vitta nel suo libro Le voci delle cose (pag.28), così scriveva Jonathan Swift nel suo romanzo Gullver's Travels:

"L’esperienza di Gulliver, nell’omonimo romanzo di Jonathan Swift, fornisce al concetto di proporzione degli oggetti un parametro in piú, quello dei rapporti sociali. Nella terra dei lillipuziani, la dimensioni degli oggetti in possesso di Gulliver, inventariati dai funzionari reali, appaiono quasi incomprensibili.
Dal taschino destro pendeva una pesante catena d’argento con appesa una macchina  straordinaria. Gli facemmo cenno di estrarre quel che stava attaccato al capo della catena: si trattava di un globo per metà di argento e per metà di un metallo trasparente attraverso il quale si potevano vedere strane figure disposte in cerchio. Pensavamo di poterle toccare, ma le nostre dita non andavano oltre quella materia traslucida. Ci mise agli orecchi quella macchina che faceva un rumore incessante, come quella di un mulino.

Ora ci si chiede se quella "macchina" fosse un engine o una machine. Basta guardare il testo originale e così ogni dubbio svanisce e - come doveva essere - quella descritta dalla fantasia di Jonathan Swift è un ingenium.
Out of the right fob hung a great silver chain, with a wonderful kind of engine at the bottom. We directed him to draw out whatever was at the end of that chain; which appeared to be a globe, half silver, and half of some transparent metal; for, on the transparent side, we saw certain strange figures circularly drawn, and thought we could touch them, till we found our fingers stopped by the lucid substance. He put this engine into our ears, which made an incessant noise, like that of a water- mill [...] (Jonathan Swift, Gulliver's Travels, ch. II)

Monday, December 16, 2019

Step #32 - Le azioni della cosa / con la cosa

Elencare le azioni (i verbi, non solo in italiano) che sono proprie della cosa, che si compiono con la cosa.

per esempio:

pala - spalare
zappa - zappare
martello - martellare, battere, forgiare
boccetta di profumo - profumare, sedurre
santino - pregare, invocare
anello - sposare, promettere, ostentare
moneta - pagare, sorteggiare
pagnotta - sfamare, spezzare,
tazzina - sorbire, predire

Friday, December 13, 2019

Altre parole...





Protesi

Miti postindustriali  di Vittorio Marchis

Protesi, ovvero la metamorfosi (1)
"La natura è in grado di compiere cose straordinarie senza l'intervento degli spiriti maligni. Se la natura, poi, è aiutata dal sapere e dall'ingegnosità umani, allora i risultati saranno quasi incredibili per gli inesperti" (Ruggero Bacone, I segreti dell'arte e della natura, cap. IV)
Si racconta che un tempo, in un paese oggi scomparso e ormai ridotto a semplice landa desolata, arida e priva di ogni scrittura della passata storia, vivesse un popolo di uomini e donne supremamente intelligenti. Questi uomini e queste donne, bellissimi, non avevano bisogno di lavorare perché il loro pensiero era sufficiente a far sì che le risorse naturali bastassero non solo alle necessità, ma soprattutto al loro diletto. Conoscevano il piacere dei sei sensi e anche il procreare era ridotto a puro linguaggio, a trasmissione di emozioni e simpatia. Si è già detto che questi uomini e queste donne non avevano bisogno di lavorare. E perciò essi non avevano né mani né braccia.
Chi argomentasse, con il nostro modo di pensare, che essi erano più simili agli animali che a noi sbaglierebbe di grosso, perché in verità la loro prossimità agli dei era quanto noi non possiamo nemmeno immaginare.
Un giorno, una giovane di nome Protesi ebbe la ventura di essere trasportata dal mare, a causa di una tempesta, sulla spiaggia di un'isola abitata dagli uomini, ossia da esseri pari a quanti raccontano e tramandano questa storia. Quando, dopo un lungo sonno, Protesi si svegliò, trovò dinanzi a sé uomini e donne ben più brutti e rozzi di lei. In fondo anch'essi avevano una testa, un torso, un ombelico, due
gambe; sorridevano e muovevano le labbra; si toccavano e si facevano segni. Ma avevano qualcosa che li rendeva diversi: due articolazioni, simili alle gambe, ma più sottili, dotate di estremità ramificate e estremamente mobili si dipartivano dalle spalle, leggermente al di sopra e a fianco delle mammelle. Usavano questi rami per afferrare le pietre, per spezzare le foglie degli alberi, per staccare gli acini dai grappoli e per disporli in file ordinate, per tracciare insulsi segni sulla sabbia. Ciò che più impressionò Protesi fu il vedere un vecchio, ormai cieco, usare le mani (così le chiamavano) per tamburellare su alcune canne, producendo in questo modo suoni mai ascoltati, strani, ma desiderabili. E fu colta da invidia.
Pregò allora gli dei che la facessero ritornare a casa e la rendessero simile agli uomini che aveva incontrato sull'isola. La richiesta parve agli dei alquanto strana, alcuni di essi rimasero dubbiosi, altri la ritennero completamente stupida, ma poiché le preghiere di Protesi erano insistenti e continue, e poiché gli dei si lasciano commuovere dalle loro creature, finalmente si convinsero nell'esaudire le preghiere della bellissima giovane. Nella fucina dove si forgiano tutte le cose del mondo, con i metalli più preziosi vennero fatti preparare due arti lucenti e mobilissimi, ciascuno terminante con cinque ramificazioni prensili. Dopo che gli arti furono ultimati, gli dei rapirono Protesi, ed immersala in un torpore soavissimo le applicarono gli arti esattamente a somiglianza di quelli ammirati negli uomini e nelle donne dell'isola. Quando si fu risvegliata dal torpore, prima di essere ricondotta tra i suoi simili, Protesi fu istruita sull'uso degli arti. Ma le si impose, come pagamento del dono ricevuto, di non svelare l'origine di questo dono così singolare. Protesi promise solennemente, e fu rimandata presso i suoi simili. Gli dei l'abbandonarono al suo destino.
Credeva che sarebbe stata accolta come una dea, onnipotente per i nuovi doni ricevuti, ma rimase ben presto delusa. Additata come una mutazione mostruosa della natura più abbietta, fu relegata presso il bosco sacro alle ninfe, in modo che si potesse purificare, vergine, consacrandosi a quanto la Natura prodiga ci fornisce nella frescura delle selve. Sola rimase per lunghi mesi trovando unico diletto nelle canne, che ora riusciva a divellere dal terreno, a tagliare con cura, a riunire in fasci ordinati per altezza. In esse soffiava e traeva melodie dolcissime.
Attirato dal suono, un giovane di cui rimane ancor oggi sconosciuto il nome, la avvicinò e l'amò. Noi tutti siamo figli di Protesi.

(1) Costituisce l’incipit del saggio Protesi, ovvero la metamorfosi, in "Iride", anno IX, n.19, dicembre 1996, pp.703 sgg.

Alcune considerazioni sui concetti delle ultime lezioni





Friday, November 15, 2019

I nomi delle cose

Storie di parole e di cose
Risultati immagini per croissant
Cornetto (è scorretto chiamarlo Brioche)

Si chiama anche Croissant (in francese, che vuol dire "mezzaluna, luna crescente")
E Croissant si traduce in inglese Crescent (che significa "di forma a mezzaluna")

Monday, November 4, 2019

Metron, la misura

Pes romanus (= 294,7 mm circa)

Nel corso di una nota orazione riportata dallo storico Dione Cassio, Mecenate elenca le nuove istituzioni della monarchia di Augusto: tra queste figura l'unificazione dei pesi e delle misure di lunghezza localmente adoperate con quelle di Roma. Il pes utilizzato dall'epoca di Ottaviano fino a Vespasiano fu impresso su due congii di bronzo che ancora oggi si possono vedere alla Famesina. Si tratta di uno degli aspetti meno noti del fenomeno della romanizzazione e dei complessi rapporti tra centro e periferia che avrebbero caratterizzato la storia sociale e politica di Roma. Lo strumento che esprimeva questa grandezza era la regula una sbarretta di bronzo a sezione quadrata della lunghezza approssimativamente di un pes. Le unità di misura localmente usate dovevano essere comparate con quella ufficialmente adoperata a Roma: magistrati urbani, aediles, praefectus urbis e praefectus civitatis nelle province occidentali, zugostates e xetronomoi nelle province orientali, avrebbero provveduto a verificare il valore dei campioni di lunghezza e peso adottati nei mercati locali. [...] Ritrovare la presenza del pes romanus nelle planimetrie delle case di Pompei è difficile: innanzitutto gran parte delle abitazioni che noi vediamo sorsero durante il lungo periodo di occupazione osca; in secondo luogo non possono non essere considerati i vincoli con cui la geometria costruttiva deve solitamente fare i conti: strade, paesaggio, edifici preesistenti, comportamento dei materiali utilizzati. [...] Una breve ma significativa campagna di rilievo planimetrico della Casa dei Polybii conferma quanto è stato sopra congetturato. Manca assolutamente un'impianto geometrico regolare degli spazi e ricercare un canone nella proporzione delle forme dei locali sarebbe un'operazione artificiosa e priva di significato. I vani non risultano simmetrici né a lati paralleli; i colonnati non rispettano alcuna regola negli interassi; le luci di apertura verso l'esterno hanno altezza variabile dal suolo da locale a locale; la larghezza dei passaggi come pure lo spessore dei muri non presenta caratteristiche di uniformità e di regolarità. Anche le misure effettuate sugli impianti idraulici non hanno evidenziato alcuna regola geometrica nel loro impianto né planimetrico né spaziale. È invece altrove che la presenza del pes e dei suoi sottomultipli si dichiara in maniera inequivocabile sì da affermare che, a dispetto della planimetria dei locali (condizionata invero da altri fattori), gli artigiani a Pompei (e per analogia nel mondo romano) usavano correntemente il pes e i suoi sottomultipli: il digitus (1/16 del piede), il palmus (1/8 del piede)  e l'uncia ((1/12 del piede). [...] Ancor più sorprendente è la corrispondenza di un altro manufatto all'esigenza di usare l'uncia o il digitus. L'osservazione delle dimensioni funzionali delle lamine bronzee da serratura (sia per infissi, sia per mobilia), e soprattutto le dimensioni degli interassi tra i fori per le viti (o chiodi) di fissaggio delle medesime al corpo ligneo del battente rispondono a misure standard nella serie del digitus e dell'uncia come dei loro multipli. La spiegazione trova una giustificazione che ancora una volta si fonda sui processi, spesso taciti, dei trasferimenti del sapere tecnico; quando due diverse culture si incontrano ed hanno ciascuna il proprio linguaggio ed i propri protocolli, bisogna trovare punti di incontro obiettivi che non diano luogo a fraintendimenti. Quando un falegname preparava un mobile doveva necessariamente prevederne una serratura con il suo alloggiamento: questo manufatto bronzeo, pur essendo il sistema di produzione completamente artigianale, era prodotto da un altro artigiano, il fabbro, a cui bisognava "trasferire" una specifica tecnica sintetica e riproducibile sul manufatto medesimo. E' chiaro come una semplice standardizzazione dimensionale potesse facilitare sia il lavoro del fabbro sia quello del falegname. Questo «teorema» che con un pizzico di humour potrebbe essere chiamato «della serratura», trova notevoli applicazioni nell'esame dimensionale dei manufatti e dei prodotti artigianali dell'antichità e dimostra che le misure sono necessarie quando bisogna interfacciare sistemi di natura differente, tra culture diverse, normalmente separate da ragioni
di natura sociale piuttosto che strettamente tecnologica. [...]

G. De Pasquale e V. Marchis, Alcune considerazioni sul Pes Romanus, Estratto da ISTITUTO E MUSEO DI STORIA DELLA SCIENZA, FIRENZE, "NUNCIUS - ANNALI DI STORIA DELLA SCIENZA", Anno XI, 1996, fasc. 2
(il testo completo è disponibile sul portale della didattica)

Cultura, civiltà, società



Scoperta, invenzione, innovazione



Thursday, October 31, 2019

Rompere le scatole... e altri modi di dire

Un modo di dire che risale alla Prima Guerra Mondiale

Mamma diceva sempre: la vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita!
Mama always said life was like a box of chocolates. You never know what you're gonna get.
dal film Forrest Gump.



“Tutti voi avete una cassa, una scatola, e dentro c'è un tesoro. E il vostro impegno è quello di aprire la scatola, togliere il tesoro, farlo crescere e darlo agli altri, e accogliere il tesoro degli altri. Ognuno di noi ha in sé un tesoro. Se lo teniamo chiuso, rimane chiuso lì; se lo condividiamo con gli altri, il tesoro si moltiplica con i tesori degli altri.”
Discorso del Santo Padre durante la Videoconferenza a chiusura del IV Congresso Mondiale Educativo delle Scholas Occurrentes, 05/02/2015


Wednesday, October 30, 2019

Tuesday, October 29, 2019

Scatole e altre ... parole


Sinonimi della "scatola"
contenitore (s.f.), recipiente (s.f.), astuccio (s.f.), cassettina (s.f.), cassetta (s.f.), custodia (s.f.), cofanetto (s.f.), scrigno (s.f.), pacco (s.f.), pacchetto (s.f.), involucro (s.f.), congegno (s.f.), dispositivo (s.f.), apparecchiatura (s.f.), testicoli (s.f.)



Tuesday, October 22, 2019

STEP #09 - I nomi della cosa

La "cosa" ha un nome in ogni lingua e in ogni dialetto. Per conoscere la cosa bisogna conoscere come la si chiama anche al di fuori del luogo di origine.