Thursday, January 14, 2021

La cultura materiale nella Divina Commedia

La visione del mondo duecentesca non dimentica la dimensione materiale di una cultura che per molti aspetti ha saputo rinnovarsi proprio nelle arti e nelle professioni. La Commedia dantesca, al di là delle metafore, è molto attenta al sistema tecnologico e produttivo del periodo storico a cui si riferisce. Ne emergono spunti di grande interesse per la comprensione dell’impatto culturale delle tecniche. Le risorse materiali non ricoprono solamente gli elementi vegetali e animali, ma proprio per quanto concerne i minerali si identifica un sistema attento alle nuove dimensioni della metallurgia. Se «metallo» è termine generico che abbraccia ferro, rame, oro e argento, più specificamente l’oro è il metallo più prezioso, l’argento serve per le monete, il rame è rinomato per la sua duttilità, il piombo è famoso per la sua facile fondibilità e per la sua pesantezza, ma disposto dietro una lastra di vetro diventa specchio. Anche le leghe preziose, come il peltro, sono sinonimo di ricchezza. Il ferro è metallo di grande resistenza, e le fornaci alimentate a carbone per la sua fusione sono il simbolo di un’industria ancora alle origini, ma di cui si riconosce la potenzialità. Di ferro sono i martelli, le lime, ma anche le caldaie, tutte le armi bianche e i principali utensili agricoli. I marmi, le pietre da costruzione e in generale i materiali lapidei spaziano dall’alabastro al porfido al pregevole marmo di Carrara, ma anche ai marmi più comuni, alla silice. Non si dimentichino infine, tra le macchine e nei processi. «Al volger ruota di molin terragno», ma anche nel «molin che ’l vento gira», si svolge grande attività non solamente per macinar farina, ma per follar panni, per muovere i mantici delle forge, in cui s’esercita «dal fabbro l’arte del martello». Gli orologi sono il simbolo della perfezione meccanica, tutta «cerc in tempra» e, più delle pietre preziose, gli «oriuoli» diventano simbolo dell’equilibrio  dell’universo. Ma sono il vetro e gli specchi a meglio rappresentare, nel loro assurgere a simbolo, l’innovazione tecnologica. Il vetro è fuso in fornaci simili a quelle usate per i metalli, e presenta all’epoca di Dante ancora molte impurità. Per le vetrate è usato in lastra o in dischi prodotti per centrifugazione della pasta vitrea molle. Dell’arsenale di Venezia, infine, è mirabile la descrizione:

Quale ne l’arzanà de’ Viniziani

bolle l’inverno la tenace pece

a rimpalmare i legni lor non sani

che navigar non ponno – in quella vece

chi fa suo legno novo e chi ristoppa

le coste a quel che più viaggi fece;

chi ribatte da proda e chi da poppa

altri fa remi ed altri volge sarte;

chi terzeruolo ed artimon rintoppa.

I dettagli con cui è descritta la nave, a cui si aggiungono le citazioni sull’albero, l’ancora, la prora, i remi, le sartie, le vele, e ai quali bisogna affiancare una buona conoscenza dell’uso della bussola, stanno a significare quanto fossero importanti le innovazioni ottenute sulle nuove imbarcazioni, che stavano assicurando alla Repubblica veneta il predominio dell’Adriatico.

(V. Marchis, Storia delle macchine, Roma-Bari-Laterza, 2005)

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