da: Georges Perec, Le cose (Einaudi)
in Souvenir (il brusio delle cose), a cura di Lorella Barlaam, Rimini : Guaraldi, 2014.
Attraversavano drogherie dense di aromi deliziosi, pasticcerie mirabolanti dove si allineavano torte a centinaia, cucine rilucenti con mille paioli di ottone.
Erano immersi nell'abbondanza. Lasciavano che si erigessero colossali mercati. Dinanzi a loro sorgevano paradisi di prosciutti, di formaggi, di bevande alcooliche.
Si offrivano tavole imbandite, dalle tovaglie smaglianti, coperte di fiori a profusione, coperte di cristalli e di stoviglie preziose. C'erano, a decine, paté rivestiti di sfoglia, terrine, salmoni, lucci, trote, astici, cosciotti adorni di nastri e con i manici di corno e d'argento, lepri e quaglie, cinghiali fumanti, formaggi grossi come mole, eserciti di bottiglie. Apparivano locomotive, trascinando vagoni carichi di vacche grasse; autocarri di pecore belanti parcheggiavano; nasse di aragoste erano ammonticchiate a piramidi. Milioni di pani uscivano da migliaia di forni. Tonnellate di caffè venivano scaricate dai bastimenti. [...]
Poi sognavano porcellane preziose, decorate di uccelli esotici, libri rilegati in pelle, stampati in elzeviro su carta giapponese, con ampi margini bianchi sui quali l'occhio riposava deliziosamente; tavoli di mogano, abiti di seta o di lino, morbidi e confortevoli, pieni di colori; camere spaziose e chiare, bracciate di fiori, tappeti Bukhara, dobermann saltellanti [...].
Ma queste immagini scintillanti, tutte queste immagini che arrivavano in massa, che gli si precipitavano dinanzi, che scorrevano in un fluire irregolare, inesauribile, di velocità, di luce, di trionfo, in un primo tempo gli sembravano concatenarsi con sorprendente necessità, poi soffocavano sotto l'accumularsi dei particolari. [...] Credevano di immaginare la felicità; [...] ma si ritrovavano soli, immobili, un po' vuoti.
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