In-between the lectures held by professor Vittorio Marchis
Tuesday, November 28, 2017
ABC dell'artificiale
A come artificiale
B come bello
C come conveniente
D come durevole
E come efficiente
F come fruibile
G come gratificante
H come hifi
I come innovativo
L come leggero
M come maneggevole
N come normato
O come ottimizzato
P come protetto
Q come qualitonico
R come resistente
S come sostenibile
T come trasmissibile
U come utile
V come vendibile
Z come zero (effetti)
B come bello
C come conveniente
D come durevole
E come efficiente
F come fruibile
G come gratificante
H come hifi
I come innovativo
L come leggero
M come maneggevole
N come normato
O come ottimizzato
P come protetto
Q come qualitonico
R come resistente
S come sostenibile
T come trasmissibile
U come utile
V come vendibile
Z come zero (effetti)
Monday, November 27, 2017
Istruzioni per il Blog (6)
V) I luoghi della cosa artificiale
W) Le storie e i protagonisti della cosa artificiale
X) Gli utilizzatori della cosa artificiale (per una sociologia dell'artificiale)
Y) I modelli (reali, virtuali, culturali, sociali, fantastici) della cosa artificiale
Z) I brevetti della cosa artificiale
AA) Le metafore della cosa artificiale
BB) Un abbecedario della cosa artificiale
CC) Illustrare l'abbecedario
Al termine dell'indagine si dovrà preparare un testo di sintesi in cui si sintetizzeranno le ricerche compiute. Nel testo dovranno essere chiaramente indicati i lemmi o i concetti collegati intratestualmente ai singoli post suggeriti nelle "Istruzioni per il Blog".
W) Le storie e i protagonisti della cosa artificiale
X) Gli utilizzatori della cosa artificiale (per una sociologia dell'artificiale)
Y) I modelli (reali, virtuali, culturali, sociali, fantastici) della cosa artificiale
Z) I brevetti della cosa artificiale
AA) Le metafore della cosa artificiale
BB) Un abbecedario della cosa artificiale
CC) Illustrare l'abbecedario
Al termine dell'indagine si dovrà preparare un testo di sintesi in cui si sintetizzeranno le ricerche compiute. Nel testo dovranno essere chiaramente indicati i lemmi o i concetti collegati intratestualmente ai singoli post suggeriti nelle "Istruzioni per il Blog".
Sunday, November 26, 2017
Monday, November 20, 2017
Parole, parole, parole
Come afferma Umberto Eco nel suo libro Dire quasi la stessa cosa, la corrispondenza tra i termini che definiscono una cosa in lingue differenti non è mai biunivoca. Di qui il dilemma della traduzione perfetta.
Sunday, November 19, 2017
Il mezzo è il messaggio
Marshall McLuhan è stato uno dei più importanti analisti delle comunicazione di massa, dall'avvento della stampa sino al mondo della televisione. Il suo saggio più importante è stato Understanding Media (1964) (tradotto in italiano nel 1967 con il titolo Gli strumenti del comunicare). Il suo primo saggio (1951) è The Mechanical Bride (La sposa meccanica)
« Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti. Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un'azienda privata o dare in monopolio a una società l'atmosfera terrestre »
(Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare).
Intervista a Marshall McLuhan
Saturday, November 18, 2017
Il caso dei sacchetti di carta
Il caso viene presentato in un libro di Henry Petroski: Small Things Considered. Why There Is No Perfect Design.
Evolution of the Grocery Bag
(vedi materiali sul portale della didattica)
(vedi materiali sul portale della didattica)
L'innovazione e i brevetti
Ufficio Italiano Brevetti e Marchi
Camera di Commercio di Torino - Ufficio Brevetti e Marchi
Cliccare la finestra prima della riga "I numeri di MaToSto
Camera di Commercio di Torino - Ufficio Brevetti e Marchi
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Il mistero delle cose
Il mistero delle cose, di Alberto Caerio (Fernando Pessoa)
Il mistero delle cose, dove si trova?
Dove si trova che non ci appare
almeno a mostrarci che è mistero?
Cosa sa il fiume di ciò e cosa sa l’albero?
E io, che non sono più di loro, cosa ne so?
Ogni volta che guardo le cose e penso a ciò che l’uomo pensa
di loro,
rido come ruscello che fresco risuona su pietre.
Perché l’unico senso occulto delle cose
è che esse non hanno alcun senso occulto.
E’ più strano di tutte le stranezze
e dei sogni di tutti i poeti
e il pensiero di tutti i filosofi,
che le cose siano realmente ciò che paiono essere
e non ci sia niente
da comprendere.
Sì, ecco ciò che i miei sensi appresero da soli: -
Le cose non hanno significazione: hanno esistenza.
Le cose sono l’unico senso occulto delle cose.
(4 gennaio 1925)
traduzione di Orietta Abbati
Friday, November 17, 2017
AVVISO
Giovedì 23 novembre 2017
NON CI SARA' LEZIONE
(per impegni istituzionali fuori sede del docente)
Wednesday, November 15, 2017
L'homo religiosus
"Non bisogna sottovalutare né i riti né la loro durata. Una società non può conservarsi se non è incondizionatamente attaccata a certi valori, i quali, per essere incondizionati, devono avere un aspetto concreto che li protegga dal lavoro di erosione della ragione. A Oxford, a Cambridge, e più in generale in Inghilterra, ammiro una società in cui c'è ancora il posto per il rituale. L'Accademia è, in Francia, uno degli ultimi luoghi in cui esso sopravvive. Ho creduto fosse mio dovere di cittadino e di etnologo contribuire a mantenerla in vita."
da: Claude Lévi-Strauss e Didier Eribon, Da vicino e da lontano. Discutendo con Claude Lévi_Strauss, Milano : Rizzoli, 1988, p. 125.
Le cose sacre
Nei testi sacri le cose spesso assumono importanza fondamentale a sostegno dei fondamenti della religione.
Una indagine nella Bibbia attraverso i testi originali e le traduzioni.
Una indagine nel Corano attraverso la traduzione italiana.
Una indagine nelle Upanishad nel testo italiano e inglese
"Può sembrare paradossale se si riduce l'etnologia alla raccolta di oggetti destinati a comparire nei musei. Ma a partire dal momento in cui si vedono quegli oggetti come pensiero in qualche modo solidificato, la formulazione che lei ha citato acquista un senso. Quello che noi andiamo a cercare a migliaia di chilometri di distanza o a un passo da qui, sono dei mezzi supplementari per comprendere come funziona la mente umana. Quindi facciamo una sorta di psicologia. E quello che è già vero degli oggetti lo è ancora di più quando si considerano le credenze, i costumi e le istituzioni."
da: Claude Lévi-Strauss e Didier Eribon, Da vicino e da lontano. Discutendo con Claude Lévi_Strauss, Milano : Rizzoli, 1988, p. 156.
Una indagine nella Bibbia attraverso i testi originali e le traduzioni.
Una indagine nel Corano attraverso la traduzione italiana.
Una indagine nelle Upanishad nel testo italiano e inglese
"Può sembrare paradossale se si riduce l'etnologia alla raccolta di oggetti destinati a comparire nei musei. Ma a partire dal momento in cui si vedono quegli oggetti come pensiero in qualche modo solidificato, la formulazione che lei ha citato acquista un senso. Quello che noi andiamo a cercare a migliaia di chilometri di distanza o a un passo da qui, sono dei mezzi supplementari per comprendere come funziona la mente umana. Quindi facciamo una sorta di psicologia. E quello che è già vero degli oggetti lo è ancora di più quando si considerano le credenze, i costumi e le istituzioni."
da: Claude Lévi-Strauss e Didier Eribon, Da vicino e da lontano. Discutendo con Claude Lévi_Strauss, Milano : Rizzoli, 1988, p. 156.
ΣΦΡΑΓΙΔΕΣ ΑΡΤΟΥ
Nella tradizione religiosa ortodossa il timbro per il pane (sfraghides artou) è elemento essenziale nella preparazione del rito dell'eucarestia.
Monday, November 13, 2017
Bruce Chatwin
"A parte uno
scrittoio da viaggio del barone Vivant Denon e una chaise de camp d'acciaio, il
mobilio della stanza era di poco conto. Mr Tod diceva di detestare ogni mobile
che non stesse sul basto di un mulo. C'erano tuttavia due poltrone a origlieri
con fodere di lino senza fronzoli. E su tre tavoli a tempera grigia era
disposta la collezione di oggetti rari che Mr Tod, per un processo di
eliminazione e per le esigenze di viaggio, aveva ridotto allo scarno
essenziale.
In nessuna
delle opere d'arte si scorgeva l'immagine umana.
Gli
inventari sono una lettura tediosa; mi limiterò quindi a elencare un fang-i
Shang di bronzo con la patina « a buccia di melone » ; uno specchio magico di
Norimberga; un piatto azteco con un fiore purpureo; il reliquiario di cristallo
di uno stupa del Gandhara; un bezoàr montato in oro; un flauto di giada; una
cintura di wampum; un falco Horus della prima dinastia, di granito rosa; e
certi monili eschimesi, in avorio di tricheco, con figure di animali che per
quanto stilizzati sembravano respirare. Devo tuttavia segnalare tre arnesi da
taglio, poiché erano il tema di un saggio di Maximilian Todd, Die Àsthetik der Messerschàrfe,
pubblicato a Jena nel 1941, in cui egli sosteneva che tutte le armi sono
artigli o canini artificiali, e danno a chi le usa il piacere noto ai carnivori
quando sbranano la carne viva.
Questi
arnesi erano:
1. Un'azza
acheuleana di selce proveniente dalle ghiaie della Senna, con l'attrattiva
supplementare di una montatura Louis Quinze in bronzo dorato e la dedica « Pour
le Roi ».
2. Un
pugnale germanico dell'Età del Bronzo, trovato dal padre di Mr Tod nello scavo
di un tumulo a Ùckermùnde, sul Baltico.
3. Una lama
di spada proveniente dalla collezione del suo amico e maestro Ernst Grùnwald,
datata 1279 e firmata da Toshiru Yoshimitsu, il più grande spadaio del Giappone
medievale. (Un segno sulla lama indicava che la spada aveva eseguito
felicemente, su un criminale, il movimento detto tai, un colpo dal basso in
alto che tronca di netto il corpo dall'anca destra alla spalla sinistra).
Né ometterò
una descrizione di tre altri pezzi della stessa collezione Grùnwald: una tazza
da tè di Kóetsu intitolata Montagne in inverno; una scatola di scorza di
betulla intrecciata della Tribù d'Oro della Manciuria; e un blocco di pietra
blu-nera con segni verdi e l'iscrizione: « Questa pietra d'inchiostro con Occhi
Morti proviene dal Vecchio Pozzo della Rupe Inferiore di Tuan Hsi e appartenne
al pittore Mi Fei ».
Nella
scatola di scorza Mr Tod custodiva i suoi due beni più cari: una calligrafia
del maestro zen Sen Sotan, con la massima: « L'uomo in origine non possiede
nulla »; e un rotolo di paesaggio dello stesso Mi Fei - pittore di montagne
simili a nuvole e di nuvole simi i a montagne, ubriacone, petromane,
intenditore di pietre d'inchiostro, odiatore degli animali domestici, che
errava per i monti portando sempre con sé la sua inestimabile collezione
d'arte.
Le pareti
della stanza erano nude; c'era soltanto, in cornice, una calligrafia turca su
foglia d'oro, con un verso di Rumi (Mathnawi, VI, 723): «Essere un morto che
cammina, uno che è morto prima di morire ».
La
biblioteca di Mr Tod - almeno, la sua parte visibile - non era una biblioteca
nel senso corrente ma una raccolta di testi che avevano per lui un significato
speciale. Erano legati in carta grigia e custoditi in una cassetta da viaggio
di zigrino. Li elencherò nell'ordine in cui erano disposti, perché quest'ordine
dà di per sé una certa idea della personalità del proprietario: il trattato di
Cassiano sull'accidia; il poema irlandese antico La capanna dell'eremita; il
saggio poetico di Hsien Yin Lung Sul
vivere nelle montagne; un facsimile del De
arte venandi cum avibus dell'imperatore Federico II; lo scritto di Abu'l
Fazl su Akbar e i suoi piccioni
viaggiatori; le Notes on the Colour of
Water and Ice di John Tyndall; L'ironia
delle cose di Hugo von Hofmannsthal; Landor's Cottage di Poe; il
Pellegrinaggio di Caino di Wolfgang Hammerli; il poemetto in prosa di
Baudelaire con il titolo inglese Anywhere
out of this World! ; e l'edizione 1840 dell’Étude
sur les glaciers di Louis Agassiz, con l'appendice di cromolitografie della
Jungfrau e di altri ghiacciai svizzeri.
Dovrebbe
essere chiaro, anche per il lettore più sbadato, che Maximilian Tod sono io. La
mia storia è priva di importanza. Detesto le confidenze. D'altronde, sono
convinto che un uomo è la somma delle sue cose, anche se alcuni fortunati sono
la somma di un'assenza di cose. Qualche dato biografico può tuttavia giovare a
mettere le mie acquisizioni in una sequenza cronologica."
(da: Il patrimonio di Maximilian Tod, in
Bruce Chatwin, Anatomia dell’irrequietezza,
Milano : Adelphi, 1996, pp. 80-82)
Joseph Schumpeter
Nel 1912 l'economista austriaco Joseph Schumpeter pubblica un trattato intitolato Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung (Teoria dello sviluppo economico, Firenze : Sansoni, 1977). In esso analizza l'innovazione come fattore indispensabile per la sopravvivenza delle imprese e dell'intero sistema produttivo. L'innovazione secondo Schumpeter si attua attraverso cinque "meccanismi".
Così scrive Schumpeter:
“I meccanismi dell’innovazione industriale ed economica
I mutamenti spontanei e discontinui nell’orbita del flusso circolare e gli spostamenti del centro di equilibrio si verificano nella sfera della vita industriale e commerciale, ma non nella sfera dei bisogni dei consumatori dei prodotti finiti. Laddove si verificano mutamenti spontanei e discontinui nelle tendenze del gusto dei consumatori, avviene un improvviso mutamento nei dati di cui l’uomo d’affari deve tener conto e quindi sorge per lui un motivo e un’occasione per procedere possibilmente a qualcosa di diverso da un adattamento graduale della sua condotta, ma senza implicare in sé e per sé l’adozione di una condotta differente. Pertanto tali mutamenti non costituiscono un problema diverso da quello del cambiamento dei dati naturali e non richiedono alcun nuovo metodo di trattamento, per cui faremo astrazione da qualsiasi autonoma variazione nei bisogni dei consumatori e li supporremo come « dati ». Ciò è reso per noi più facile anche dal fatto, fondato sull’esperienza, che l’ambito dei mutamenti spontanei dei bisogni è generalmente ristretto. Senza dubbio si deve sempre partire dalla soddisfazione dei bisogni, dato che questo è lo scopo di ogni attività produttiva e che la situazione economica di volta in volta data deve essere intesa sotto questo aspetto. Tuttavia le innovazioni nel sistema economico non avvengono di regola in maniera tale che prima sorgono spontaneamente nei consumatori nuovi bisogni e poi, sotto la loro pressione, l’apparato produttivo riceve un nuovo orientamento. Noi non neghiamo il verificarsi di questo nesso. Però è il produttore che di regola inizia il cambiamento economico e i consumatori, se necessario, sono da lui educati; essi sono, come pure erano, considerati come persone che vogliono cose nuove, o cose che differiscono per qualche aspetto o per l’altro da quelle che sono abituati ad usare. Pertanto, mentre è ammissibile e anche necessario considerare i bisogni dei consumatori come una forza autonoma e addirittura fondamentale nella teoria del flusso circolare, noi dobbiamo invece assumere una differente attitudine appena ci rivolgiamo ad analizzare il « cambiamento ».
Ogni produzione consiste nel combinare materiali e forze che si trovano alla nostra portata. Produrre altre cose, o le stesse cose in modo differente, significa combinare queste cose e queste forze in maniera diversa. Finché la nuova combinazione viene raggiunta, con il tempo, partendo da quella vecchia, per piccoli passi e attraverso continui adattamenti, si ha certo un mutamento, ed eventualmente una crescita, ma non un nuovo fenomeno sottratto alla considerazione dell’equilibrio, né uno sviluppo nel senso nostro. Nella misura in cui ciò non si verifica, ed anzi la nuova combinazione può prodursi o effettivamente si produce solo in maniera discontinua, sorgono invece i fenomeni caratteristici dello sviluppo. Per motivi di funzionalità nell’esposizione, quando parleremo di nuove combinazioni di mezzi di produzione, intenderemo da qui in avanti solo questo caso. Lo sviluppo nel senso nostro viene allora definito dall’introduzione di nuove combinazioni.
Questo concetto comprende i cinque casi seguenti:
1. Produzione di un nuovo bene, vale a dire di un bene non ancora familiare alla cerchia dei consumatori, o di una nuova qualità di un bene.
2. Introduzione di un nuovo metodo di produzione, vale a dire non ancora sperimentato nel ramo dell’industria in questione, che non ha affatto bisogno di fondarsi su una nuova scoperta scientifica e che può consistere anche in un nuovo modo di trattare commerciale una merce.
3. Apertura di un nuovo mercato, vale a dire di un mercato in CUI un particolare ramo dell’industria di un certo paese non era ancora penetrato, sia che questo mercato esistesse già prima oppure no.
4. Conquista di una nuova fonte di approvvigionamento di materie prime e di semilavorati, anche qui sia che questa fonte di approvvigionamento esistesse già prima sia che si debba innanzitutto crearla.
5. Attuazione di una riorganizzazione di una qualsiasi industria come la creazione di un monopolio (ad esempio mediante la formazione di un « trust ») o la sua distruzione.
Due cose sono essenziali per i fenomeni connessi all'introduzione di queste nuove combinazioni, e per la comprensione dei problemi che ne risultano. In primo luogo, non è essenziale — benché possa avvenire — che le nuove combinazioni vengano introdotte dalle stesse persone che controllano il processo produttivo o commerciale che deve essere soppiantato da uno nuovo. Di regola anzi, le nuove combinazioni sono incorporate in nuove imprese che generalmente non nascono dalle vecchie ma iniziano a produrre accanto ad esse. Per attenerci all'esempio già scelto, non è, in generale, il padrone delle diligenze ad introdurre le ferrovie. Questa circostanza non solo pone in una luce particolare la discontinuità che contrassegna il processo che vogliamo descrivere, e crea, per così dire, una seconda specie di discontinuità, in aggiunta a quella sopra menzionata, ma spiega anche importanti caratteristiche del corso degli eventi. Specialmente nell’economia concorrenziale, in cui le nuove combinazioni portano all’eliminazione delle vecchie appunto attraverso la concorrenza, si spiega così da un lato il processo di ascesa e caduta economica e sociale di individui e di famiglie proprio di questa forma di organizzazione, nonché una intera serie di altri fenomeni relativi al ciclo vitale delle imprese e al meccanismo di formazione della ricchezza privata e così via. Anche in un’economia non di scambio, come ad esempio quella socialista, nuove combinazioni frequentemente comparirebbero a fianco di quelle vecchie. Ma le conseguenze economiche di questo processo verrebbero meno parzialmente e quelle sociali completamente. E se l’economia fondata sulla concorrenza è infranta dalla formazione di grandi gruppi industriali, come sempre di più avviene in tutti i paesi, allora questo deve diventare sempre di più vero nella vita reale, e l’introduzione di nuove combinazioni deve diventare in misura sempre maggiore affare interno di un medesimo organismo economico. Tale differenza è abbastanza grande per fare da spartiacque fra due epoche della storia sociale del capitalismo.”
(Joseph Schumpeter, Teoria dello sviluppo economico (1912), Firenze : Sansoni, 1977, pp. 74-77)
Così scrive Schumpeter:
“I meccanismi dell’innovazione industriale ed economica
I mutamenti spontanei e discontinui nell’orbita del flusso circolare e gli spostamenti del centro di equilibrio si verificano nella sfera della vita industriale e commerciale, ma non nella sfera dei bisogni dei consumatori dei prodotti finiti. Laddove si verificano mutamenti spontanei e discontinui nelle tendenze del gusto dei consumatori, avviene un improvviso mutamento nei dati di cui l’uomo d’affari deve tener conto e quindi sorge per lui un motivo e un’occasione per procedere possibilmente a qualcosa di diverso da un adattamento graduale della sua condotta, ma senza implicare in sé e per sé l’adozione di una condotta differente. Pertanto tali mutamenti non costituiscono un problema diverso da quello del cambiamento dei dati naturali e non richiedono alcun nuovo metodo di trattamento, per cui faremo astrazione da qualsiasi autonoma variazione nei bisogni dei consumatori e li supporremo come « dati ». Ciò è reso per noi più facile anche dal fatto, fondato sull’esperienza, che l’ambito dei mutamenti spontanei dei bisogni è generalmente ristretto. Senza dubbio si deve sempre partire dalla soddisfazione dei bisogni, dato che questo è lo scopo di ogni attività produttiva e che la situazione economica di volta in volta data deve essere intesa sotto questo aspetto. Tuttavia le innovazioni nel sistema economico non avvengono di regola in maniera tale che prima sorgono spontaneamente nei consumatori nuovi bisogni e poi, sotto la loro pressione, l’apparato produttivo riceve un nuovo orientamento. Noi non neghiamo il verificarsi di questo nesso. Però è il produttore che di regola inizia il cambiamento economico e i consumatori, se necessario, sono da lui educati; essi sono, come pure erano, considerati come persone che vogliono cose nuove, o cose che differiscono per qualche aspetto o per l’altro da quelle che sono abituati ad usare. Pertanto, mentre è ammissibile e anche necessario considerare i bisogni dei consumatori come una forza autonoma e addirittura fondamentale nella teoria del flusso circolare, noi dobbiamo invece assumere una differente attitudine appena ci rivolgiamo ad analizzare il « cambiamento ».
Ogni produzione consiste nel combinare materiali e forze che si trovano alla nostra portata. Produrre altre cose, o le stesse cose in modo differente, significa combinare queste cose e queste forze in maniera diversa. Finché la nuova combinazione viene raggiunta, con il tempo, partendo da quella vecchia, per piccoli passi e attraverso continui adattamenti, si ha certo un mutamento, ed eventualmente una crescita, ma non un nuovo fenomeno sottratto alla considerazione dell’equilibrio, né uno sviluppo nel senso nostro. Nella misura in cui ciò non si verifica, ed anzi la nuova combinazione può prodursi o effettivamente si produce solo in maniera discontinua, sorgono invece i fenomeni caratteristici dello sviluppo. Per motivi di funzionalità nell’esposizione, quando parleremo di nuove combinazioni di mezzi di produzione, intenderemo da qui in avanti solo questo caso. Lo sviluppo nel senso nostro viene allora definito dall’introduzione di nuove combinazioni.
Questo concetto comprende i cinque casi seguenti:
1. Produzione di un nuovo bene, vale a dire di un bene non ancora familiare alla cerchia dei consumatori, o di una nuova qualità di un bene.
2. Introduzione di un nuovo metodo di produzione, vale a dire non ancora sperimentato nel ramo dell’industria in questione, che non ha affatto bisogno di fondarsi su una nuova scoperta scientifica e che può consistere anche in un nuovo modo di trattare commerciale una merce.
3. Apertura di un nuovo mercato, vale a dire di un mercato in CUI un particolare ramo dell’industria di un certo paese non era ancora penetrato, sia che questo mercato esistesse già prima oppure no.
4. Conquista di una nuova fonte di approvvigionamento di materie prime e di semilavorati, anche qui sia che questa fonte di approvvigionamento esistesse già prima sia che si debba innanzitutto crearla.
5. Attuazione di una riorganizzazione di una qualsiasi industria come la creazione di un monopolio (ad esempio mediante la formazione di un « trust ») o la sua distruzione.
Due cose sono essenziali per i fenomeni connessi all'introduzione di queste nuove combinazioni, e per la comprensione dei problemi che ne risultano. In primo luogo, non è essenziale — benché possa avvenire — che le nuove combinazioni vengano introdotte dalle stesse persone che controllano il processo produttivo o commerciale che deve essere soppiantato da uno nuovo. Di regola anzi, le nuove combinazioni sono incorporate in nuove imprese che generalmente non nascono dalle vecchie ma iniziano a produrre accanto ad esse. Per attenerci all'esempio già scelto, non è, in generale, il padrone delle diligenze ad introdurre le ferrovie. Questa circostanza non solo pone in una luce particolare la discontinuità che contrassegna il processo che vogliamo descrivere, e crea, per così dire, una seconda specie di discontinuità, in aggiunta a quella sopra menzionata, ma spiega anche importanti caratteristiche del corso degli eventi. Specialmente nell’economia concorrenziale, in cui le nuove combinazioni portano all’eliminazione delle vecchie appunto attraverso la concorrenza, si spiega così da un lato il processo di ascesa e caduta economica e sociale di individui e di famiglie proprio di questa forma di organizzazione, nonché una intera serie di altri fenomeni relativi al ciclo vitale delle imprese e al meccanismo di formazione della ricchezza privata e così via. Anche in un’economia non di scambio, come ad esempio quella socialista, nuove combinazioni frequentemente comparirebbero a fianco di quelle vecchie. Ma le conseguenze economiche di questo processo verrebbero meno parzialmente e quelle sociali completamente. E se l’economia fondata sulla concorrenza è infranta dalla formazione di grandi gruppi industriali, come sempre di più avviene in tutti i paesi, allora questo deve diventare sempre di più vero nella vita reale, e l’introduzione di nuove combinazioni deve diventare in misura sempre maggiore affare interno di un medesimo organismo economico. Tale differenza è abbastanza grande per fare da spartiacque fra due epoche della storia sociale del capitalismo.”
(Joseph Schumpeter, Teoria dello sviluppo economico (1912), Firenze : Sansoni, 1977, pp. 74-77)
Vilfredo Pareto
La teoria delle
funzioni entra in maniera fondamentale nel Manualedi economia politica (1906) di Vilfredo Pareto dove, partendo dal Capitolo IV, si tratta del “fenomeno
dei gusti al piacere che prova l’uomo consumando certe cose o comunque usandone”,
per arrivare al Capitolo successivo dove si tratta “degli ostacoli e del modo
col quale si superano, ossia lo studio della produzione”, per arrivare nel
Capitolo VI all’Equilibrio economico. La “economia matematica” che troverà
ampio spazio nell’Appendice al volume con teoremi, dimostrazioni ed esempi,
entra in questi capitoli esemplificata in grafi e diagrammi che esprimono le
relazioni tipiche della produzione dei beni. Senza dilungarci troppo in queste
considerazioni si faccia, a puro titolo di esempio, riferimento ai paragrafi 69
e 70 del Capitolo IV dove si tratta del “colle dell’ofelimità[1]”.
Dalla
proprietà dell’ofelimità elementare di una merca decrescere quando cresce la
quantità di quella merce a disposizione dell’individuo, segue che il colle
dell’ofelimità ha pendenza più aspra alla base, più lieve in alto; somiglia al
monte del purgatorio di Dante
Questa montagna è tale.
Che sempre al cominciar
disotto è grave,
E quanto più va sa, e men fa
male.
Purg., IV,
88-99.
Per le merci
di prima necessità l'analogia è completa
E la costa superba più assai,
Che da mezzo quadrante a centro
lista.
Purg., IV, 41-42.
70. Una
proprietà di gran momento per la teoria è la seguente. Quando, percorrendo per
un certo verso un sentiero rettilineo si principia a scendere, si scende poi
sempre seguitando a percorrerlo per lo stesso verso. Invece, se si principia a
salire, si può poi scendere. La dimostrazione si darà nell'Appendice; qui ei mostrerà
solo la cosa intuitivamente. Pei sentieri del genere di a b è evidente che si sale sempre nel senso della freccia, si
discende pel verso opposto. Pei sentieri come m c si sale, pel verso della freccia, sino in c, e poi si cala. Da c in m, procedendo pel verso contrario a
quello della freccia, si cala sempre. Perché si potesse salire, sarebbe necessario
che, in qualche punto come c", invece di passare dal di sopra al di sotto
della linea di indifferenza, come in c', si passasse dal di sopra al di sotto.
Ma se ciò accade, la curva che passa in c", dovendo sempre avere la sua
tangente che fa un angolo acuto α, come è indicato sulla fig. 39, non può
scappare da c" in e, ma deve di necessità inflettersi per andare verso f.
Ma quella concavità in h è contraria alla proprietà delle linee di indifferenza;
dunque l'ipotesi fatta non può sussistere.
[1]
Il termine “ofelimità” derivato dal greco ophélimos 'vantaggioso, utile', fu
introdotto da Vifredo Pareto per indicare il valore soggettivo di un bene,
determinato in base al piacere derivante dal suo uso o dal suo possesso.
Sunday, November 12, 2017
Il fare
Nell'antica Grecia il verbo poiein aveva il significato di "fare", ma originariamente si riferiva all'atto creativo del vasaio che modellando la creta informe sul tornio ne estraeva un vaso. Di qui il significato creativo del fare, simile all'atto divino della creazione.
Di qui la poetiké techne e la poiesis, donde la nostra "poesia"
poiein kai prattein (creare e agire)
Il feticcio
Feticcio (nella Enciclopedia Treccani): Oggetto inanimato al quale viene attribuito un potere magico o spirituale. Il vocabolo, adottato nel 16° sec. dai navigatori portoghesi (feitiço) per designare gli idoli e gli amuleti che comparivano nelle pratiche cultuali di popoli indigeni africani, fu esteso successivamente alle reliquie sacre della devozione popolare e, più in generale, a qualsiasi oggetto ritenuto immagine, ricettacolo di una forza invisibile sovrumana.
Nella psicanalisi è riferito a oggetti che, attraverso meccanismi di simbolizzazione, assumono un significato sessuale, divenendo in tal modo sostituti dell’oggetto d’amore ( feticismo).
Nella psicanalisi è riferito a oggetti che, attraverso meccanismi di simbolizzazione, assumono un significato sessuale, divenendo in tal modo sostituti dell’oggetto d’amore ( feticismo).
Wetware
‘‘Wetware ’’ is the name that computer scientists and engineers give to the human brain and nervous system, to contrast them with computer hardware and software.
Saturday, November 11, 2017
Mitologie contemporanee
Nel 1957 Roland Barthes scrive Mythologies (Paris : du Seuil) che viene tradotto in italia con il titolo Miti d'oggi (Torino : Einaudi, 1974). La prima edizione italiana appare dall'Editore Lerici nel 1962.
Un museo a Istanbul
Nel lo scrittore Ohran Pamuk ha scritto un romanzo quasi-autobiografico intitolato Il museo dell'innocenza (Torino : Einaudi, 2009). Successivamente nella sua città natale, Istanbul, ha raccolto in un piccolo museo gli oggetti legati al "ricordo degli anni dell'innocenza". E' nato così anche fisicamente il Museo dell'innocenza (presentato nel volume L'innocenza degli oggetti (Torino : Einaudi, 2012).
L'osso del gigante
Galileo Galilei in Discorsi e dimostrazioni matematiche inaugura la scienza delle costruzioni moderna affrontando il tema della non linearità dei sistemi fisici e, di fatto, ponendo fine alla cultura della "divina proportione".
La cultura
Edward Tylor (1832-1917), uno dei padri dell’antropologia culturale, in un’opera del 1871, Primitive Culture, afferma che: “la cultura è quell’insieme complesso che comprende il sapere, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il costume, e ogni altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società”.
L'uomo è un animale imperfetto che attraverso la cultura si adatta alle condizioni ambientali e sopravvive.
Pico della Mirandola: L'uomo è interprete del suo destino.
L'uomo è un animale imperfetto che attraverso la cultura si adatta alle condizioni ambientali e sopravvive.
Pico della Mirandola: L'uomo è interprete del suo destino.
Friday, November 10, 2017
Thursday, November 9, 2017
Istruzioni per il Blog (5)
Q) I simboli della cosa artificiale
R) I rischi della cosa artificiale
S) Le tecnologie (e le scienze) della cosa artificiale
T) Le industrie della cosa artificiale
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Wednesday, November 8, 2017
Il pensiero selvaggio e il bricolage
Il “pensiero selvaggio che non è, per noi, il pensiero dei
selvaggi, né quello di un’umanità primitiva o arcaica, bensì il pensiero allo
stato selvaggio, distinto dal pensiero educato o coltivato proprio in vista di
un rendimento”. (Claude Levi-Strauss, Il pensiero selvaggio [1])
”esistono ancora alcune zone in cui il pensiero selvaggio
si trova, come le specie selvatiche, relativamente protetto: è il caso
dell’arte, cui la nostra civiltà accorda lo statuto di parco nazionale con
tutti i vantaggi e gli inconvenienti che comporta una formula tanto
artificiale; e soprattutto è il caso di tanti settori della vita sociale ancora
incolti ove, per indifferenza o per impotenza, e senza che il più delle volte
sappiamo il perché, il pensiero selvaggio continua a prosperare. (2)
“La poesia del bricolage nasce anche e soprattutto dal
fatto che questo non si limita a portare a termine, o ad eseguire, ma «parla»,
non soltanto con le cose, […], ma anche mediante le cose: raccontando
attraverso le scelte che opera tra un numero limitato di possibili, il
carattere e la vita del suo autore. Pur senza mai riuscire ad adeguare il suo
progetto, il bricoleur vi mette sempre qualcosa di sè.”
Claude Levi-Strauss parla de “l’esistenza di due diverse
forme di pensiero scientifico, funzioni certamente non di due fasi diseguali
dello sviluppo dello spirito umano, ma dei due livelli strategici in cui la
natura si lascia aggredire dalla conoscenza scientifica: l’uno
approssimativamente adeguato a quello della percezione e dell’intuizione,
l’altro spostato di piano; come se i rapporti necessari che costituiscono
l’oggetto di ogni scienza, neolitica o moderna che sia, fossero raggiungibili
attraverso due diverse strade, l’una prossima alla intuizione sensibile,
l’altra più discosta.” (3)
“Proprio per sua essenza, questa scienza del concreto
doveva limitarsi a risultati diversi da quelli destinati alle scienze esatte e
naturali, ma non per questo essa fu meno scientifica e i suoi risultati meno
reali: questi ultimi anzi, impostisi diecimila anni prima degli altri,
rimangono ancora e sempre il sostrato della nostra civiltà. D’altronde,
sopravvive fra noi una forma di attività che, sul piano tecnico, ci consente di
renderci conto abbastanza bene delle caratteristiche, sul piano speculativo, di
una scienza che preferiamo chiamare ’primaria’ anziché primitiva: questa forma
è di solito designata col termine bricolage. […] Oggi per bricoleur s’intende
chi esegue un lavoro con le proprie mani, utilizzando mezzi diversi rispetto a
quelli usati dall’uomo di mestiere. Ora, la peculiarità del pensiero mitico sta
proprio nell’esprimersi attraverso un repertorio dalla composizione eteroclita
che, per quanto esteso, resta tuttavia limitato: eppure di questo repertorio
non può fare a meno di servirsi, perché non ha niente altro tra le mani. Il
pensiero mitico appare così come una sorta di bricolage intellettuale, il che
spiega le relazioni che si riscontrano tra i due. Come il bricolage sul piano
tecnico, la riflessione mitica può ottenere sul piano intellettuale risultati
veramente pregevoli e imprevedibili;” (4)
“Vale la pena di approfondire ulteriormente questo
paragone, perché ci facilita l’accesso ai rapporti reali esistenti fra i due
tipi di conoscenza scientifica che abbiamo ora distinti. Il bricoleur è capace
di eseguire un gran numero di compiti differenziati, ma, diversamente dall’ingegnere,
egli non li subordina al possesso di materie prime e di arnesi, concepiti e
procurati espressamente per la realizzazione del suo progetto: il suo universo
strumentale è chiuso, e, per lui, la regola del gioco consiste nell’adattarsi
sempre all’equipaggiamento di cui dispone, cioè a un insieme via via ‘finito’
di arnesi e di materiali, peraltro eterocliti, dato che la composizione di
questo insieme non è in rapporto col progetto del momento, né d’altronde con
nessun progetto particolare, ma è il risultato contingente di tutte le
occasioni che si sono presentate di rinnovare o di arricchire lo stock o di
conservarlo con i residui di costruzioni e di distruzioni antecedenti.
L’insieme dei mezzi del bricoleur non è quindi definibile in base a un progetto
(la qual cosa presupporrebbe, almeno in teoria, l’esistenza di tanti complessi
strumentali quanti sono i generi di progetto, come accade all’ingegnere); esso
si definisce solamente in base alla sua strumentalità, cioè, detto in altre
parole e adoperando lo stesso linguaggio del bricoleur, perché gli elementi
sono raccolti o conservati in virtù del principio che ‘ possono sempre servire
’. Simili elementi sono dunque specificati solo a metà: abbastanza perché il
bricoleur non abbia bisogno dell’assortimento di mezzi e di conoscenze di tutte
le categorie professionali, ma non tanto perché ciascun elemento sia vincolato
ad un impiego esattamente determinato. Ogni elemento rappresenta un insieme di
relazioni al tempo stesso concrete e virtuali: è un operatore, ma utilizzabile
per una qualsiasi operazione in seno a un tipo. (5)
“Osserviamolo all’opera (ci si riferisce al bricoleur ndr):
per quanto infervorato dal suo progetto, il suo modo pratico di procedere è
inizialmente retrospettivo: egli deve rivolgersi verso un insieme già costituito
di utensili e di materiali, farne e rifarne l’inventario, e infine,
soprattutto, impegnare con essa una sorta di dialogo per inventariare, prima di
sceglierne una, tutte le risposte che l’insieme può offrire al problema che gli
viene posto. Egli interroga tutti quegli oggetti eterocliti che costituiscono
il suo tesoro, per comprendere ciò che ognuno di essi potrebbe ‘significare’,
contribuendo così alla definizione di un insieme da realizzare che alla fine,
però, non differirà dall’insieme strumentale se non per la disposizione interna
delle parti. Quel blocco cubico di quercia potrebbe servire da bietta per
rimediare all’insufficienza di un asse di abete, oppure da piedistallo, cosa
che permetterebbe di valorizzare la venatura e la levigatezza del vecchio
legno. In un caso sarà estensione, nell’altro materia. Ma queste possibilità
vengono sempre limitate dalla storia particolare di ciascun pezzo e da quanto
sussiste in esso di determinato, dovuto all’uso originale per cui era stato
preparato o agli adattamenti subiti in previsioni di altri usi. Come le unità
costruttive del mito, le cui possibilità di combinazione sono limitate dal
fatto di essere ricavate da una lingua dove possiedono di già un senso che ne
riduce la libertà di impiego, gli elementi che il bricoleur raccoglie e
utilizza sono ‘previncolati’. D’altra parte la decisione dipenderà dalla
possibilità di permutare un altro elemento nella funzione vacante, così che
ogni scelta trarrà seco una riorganizzazione completa della struttura che non sarà
mai identica a quella vagamente immaginata né ad altra che avrebbe potuto
esserle preferita. In certo qual modo anche l’ingegnere interroga, poiché anche
per lui esiste un ‘interlocutore’ , determinato dal fatto che i mezzi, le
capacità e le conoscenze in suo possesso non sono mai illimitati , e che, in
questa forma negativa, egli urta contro una resistenza con la quale gli è
indispensabile venire a patti. Si potrebbe essere tentati di dire che
l’ingegnere interroga l’universo, mentre il bricoleur si rivolge a una raccolta
di residui di opere umane , cioè a un insieme culturale di sottordine. […] la
caratteristica del pensiero mitico, come del bricolage sul piano pratico, è di
elaborare insiemi strutturati, non direttamente per mezzo di altri insiemi strutturati,
ma utilizzando residui e frammenti di eventi […] il pensiero mitico, da vero
bricoleur, elabora strutture combinando insieme eventi, o piuttosto residui di
eventi, mentre la scienza, che ‘cammina’ in quanto si instaura, crea, sotto
forma di eventi, i suoi strumenti e i suoi risultati, grazie alle strutture che
fabbrica senza posa e che sono le sue ipotesi e le sue teorie. Ma non
equivochiamo: non si tratta di due stadi o di due fasi dell’evoluzione del
sapere, poiché i due modi di procedere sono ugualmente validi.”(6)
2) idem, pag. 240
3) idem, pag. 28
4) idem, pag. 29-30
5) idem, pag. 30-31
6) idem, pag. 31-34
Sunday, November 5, 2017
Le parole e le cose
Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus
Così termina il romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa.
Un'intervista in occasione della pubblicazione del libro in Italia (Teche Rai 1967)
A cinquant’anni da Le parole e le cose di Foucault, un articolo di Francesco Bellusci.
Una lezione su YouTube: Michel Foucault e Le parole e le cose (Domenico Petrolino)
Saturday, November 4, 2017
Le specifiche tecniche
Specifica tecnica secondo la definizione dell'art.1.1 Dir. 98/34/CEE:
«Specificazione contenuta in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili a un prodotto per quanto concerne la terminologia, i simboli, le prove e i metodi di prova, l'imballaggio, la marchiatura e l'etichettatura».
Specification (ovvero Technical Standard) / Specifica tecnica (Normativa tecnica)
Enti normatori:
UNI (Italia)
CEI (Italia)
DIN (Germania)
AFNOR (Francia)
BSI (Regno Unito)
ISO (international)
MIL, DoD, NASA, Specs (USA)
JIS (Giappone)
CSA (Canada)
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