Il “pensiero selvaggio che non è, per noi, il pensiero dei
selvaggi, né quello di un’umanità primitiva o arcaica, bensì il pensiero allo
stato selvaggio, distinto dal pensiero educato o coltivato proprio in vista di
un rendimento”. (Claude Levi-Strauss, Il pensiero selvaggio [1])
”esistono ancora alcune zone in cui il pensiero selvaggio
si trova, come le specie selvatiche, relativamente protetto: è il caso
dell’arte, cui la nostra civiltà accorda lo statuto di parco nazionale con
tutti i vantaggi e gli inconvenienti che comporta una formula tanto
artificiale; e soprattutto è il caso di tanti settori della vita sociale ancora
incolti ove, per indifferenza o per impotenza, e senza che il più delle volte
sappiamo il perché, il pensiero selvaggio continua a prosperare. (2)
“La poesia del bricolage nasce anche e soprattutto dal
fatto che questo non si limita a portare a termine, o ad eseguire, ma «parla»,
non soltanto con le cose, […], ma anche mediante le cose: raccontando
attraverso le scelte che opera tra un numero limitato di possibili, il
carattere e la vita del suo autore. Pur senza mai riuscire ad adeguare il suo
progetto, il bricoleur vi mette sempre qualcosa di sè.”
Claude Levi-Strauss parla de “l’esistenza di due diverse
forme di pensiero scientifico, funzioni certamente non di due fasi diseguali
dello sviluppo dello spirito umano, ma dei due livelli strategici in cui la
natura si lascia aggredire dalla conoscenza scientifica: l’uno
approssimativamente adeguato a quello della percezione e dell’intuizione,
l’altro spostato di piano; come se i rapporti necessari che costituiscono
l’oggetto di ogni scienza, neolitica o moderna che sia, fossero raggiungibili
attraverso due diverse strade, l’una prossima alla intuizione sensibile,
l’altra più discosta.” (3)
“Proprio per sua essenza, questa scienza del concreto
doveva limitarsi a risultati diversi da quelli destinati alle scienze esatte e
naturali, ma non per questo essa fu meno scientifica e i suoi risultati meno
reali: questi ultimi anzi, impostisi diecimila anni prima degli altri,
rimangono ancora e sempre il sostrato della nostra civiltà. D’altronde,
sopravvive fra noi una forma di attività che, sul piano tecnico, ci consente di
renderci conto abbastanza bene delle caratteristiche, sul piano speculativo, di
una scienza che preferiamo chiamare ’primaria’ anziché primitiva: questa forma
è di solito designata col termine bricolage. […] Oggi per bricoleur s’intende
chi esegue un lavoro con le proprie mani, utilizzando mezzi diversi rispetto a
quelli usati dall’uomo di mestiere. Ora, la peculiarità del pensiero mitico sta
proprio nell’esprimersi attraverso un repertorio dalla composizione eteroclita
che, per quanto esteso, resta tuttavia limitato: eppure di questo repertorio
non può fare a meno di servirsi, perché non ha niente altro tra le mani. Il
pensiero mitico appare così come una sorta di bricolage intellettuale, il che
spiega le relazioni che si riscontrano tra i due. Come il bricolage sul piano
tecnico, la riflessione mitica può ottenere sul piano intellettuale risultati
veramente pregevoli e imprevedibili;” (4)
“Vale la pena di approfondire ulteriormente questo
paragone, perché ci facilita l’accesso ai rapporti reali esistenti fra i due
tipi di conoscenza scientifica che abbiamo ora distinti. Il bricoleur è capace
di eseguire un gran numero di compiti differenziati, ma, diversamente dall’ingegnere,
egli non li subordina al possesso di materie prime e di arnesi, concepiti e
procurati espressamente per la realizzazione del suo progetto: il suo universo
strumentale è chiuso, e, per lui, la regola del gioco consiste nell’adattarsi
sempre all’equipaggiamento di cui dispone, cioè a un insieme via via ‘finito’
di arnesi e di materiali, peraltro eterocliti, dato che la composizione di
questo insieme non è in rapporto col progetto del momento, né d’altronde con
nessun progetto particolare, ma è il risultato contingente di tutte le
occasioni che si sono presentate di rinnovare o di arricchire lo stock o di
conservarlo con i residui di costruzioni e di distruzioni antecedenti.
L’insieme dei mezzi del bricoleur non è quindi definibile in base a un progetto
(la qual cosa presupporrebbe, almeno in teoria, l’esistenza di tanti complessi
strumentali quanti sono i generi di progetto, come accade all’ingegnere); esso
si definisce solamente in base alla sua strumentalità, cioè, detto in altre
parole e adoperando lo stesso linguaggio del bricoleur, perché gli elementi
sono raccolti o conservati in virtù del principio che ‘ possono sempre servire
’. Simili elementi sono dunque specificati solo a metà: abbastanza perché il
bricoleur non abbia bisogno dell’assortimento di mezzi e di conoscenze di tutte
le categorie professionali, ma non tanto perché ciascun elemento sia vincolato
ad un impiego esattamente determinato. Ogni elemento rappresenta un insieme di
relazioni al tempo stesso concrete e virtuali: è un operatore, ma utilizzabile
per una qualsiasi operazione in seno a un tipo. (5)
“Osserviamolo all’opera (ci si riferisce al bricoleur ndr):
per quanto infervorato dal suo progetto, il suo modo pratico di procedere è
inizialmente retrospettivo: egli deve rivolgersi verso un insieme già costituito
di utensili e di materiali, farne e rifarne l’inventario, e infine,
soprattutto, impegnare con essa una sorta di dialogo per inventariare, prima di
sceglierne una, tutte le risposte che l’insieme può offrire al problema che gli
viene posto. Egli interroga tutti quegli oggetti eterocliti che costituiscono
il suo tesoro, per comprendere ciò che ognuno di essi potrebbe ‘significare’,
contribuendo così alla definizione di un insieme da realizzare che alla fine,
però, non differirà dall’insieme strumentale se non per la disposizione interna
delle parti. Quel blocco cubico di quercia potrebbe servire da bietta per
rimediare all’insufficienza di un asse di abete, oppure da piedistallo, cosa
che permetterebbe di valorizzare la venatura e la levigatezza del vecchio
legno. In un caso sarà estensione, nell’altro materia. Ma queste possibilità
vengono sempre limitate dalla storia particolare di ciascun pezzo e da quanto
sussiste in esso di determinato, dovuto all’uso originale per cui era stato
preparato o agli adattamenti subiti in previsioni di altri usi. Come le unità
costruttive del mito, le cui possibilità di combinazione sono limitate dal
fatto di essere ricavate da una lingua dove possiedono di già un senso che ne
riduce la libertà di impiego, gli elementi che il bricoleur raccoglie e
utilizza sono ‘previncolati’. D’altra parte la decisione dipenderà dalla
possibilità di permutare un altro elemento nella funzione vacante, così che
ogni scelta trarrà seco una riorganizzazione completa della struttura che non sarà
mai identica a quella vagamente immaginata né ad altra che avrebbe potuto
esserle preferita. In certo qual modo anche l’ingegnere interroga, poiché anche
per lui esiste un ‘interlocutore’ , determinato dal fatto che i mezzi, le
capacità e le conoscenze in suo possesso non sono mai illimitati , e che, in
questa forma negativa, egli urta contro una resistenza con la quale gli è
indispensabile venire a patti. Si potrebbe essere tentati di dire che
l’ingegnere interroga l’universo, mentre il bricoleur si rivolge a una raccolta
di residui di opere umane , cioè a un insieme culturale di sottordine. […] la
caratteristica del pensiero mitico, come del bricolage sul piano pratico, è di
elaborare insiemi strutturati, non direttamente per mezzo di altri insiemi strutturati,
ma utilizzando residui e frammenti di eventi […] il pensiero mitico, da vero
bricoleur, elabora strutture combinando insieme eventi, o piuttosto residui di
eventi, mentre la scienza, che ‘cammina’ in quanto si instaura, crea, sotto
forma di eventi, i suoi strumenti e i suoi risultati, grazie alle strutture che
fabbrica senza posa e che sono le sue ipotesi e le sue teorie. Ma non
equivochiamo: non si tratta di due stadi o di due fasi dell’evoluzione del
sapere, poiché i due modi di procedere sono ugualmente validi.”(6)
2) idem, pag. 240
3) idem, pag. 28
4) idem, pag. 29-30
5) idem, pag. 30-31
6) idem, pag. 31-34
No comments:
Post a Comment