Monday, November 13, 2017

Bruce Chatwin

"A parte uno scrittoio da viaggio del barone Vivant Denon e una chaise de camp d'acciaio, il mobilio della stanza era di poco conto. Mr Tod diceva di detestare ogni mobile che non stesse sul basto di un mulo. C'erano tuttavia due poltrone a origlieri con fodere di lino senza fronzoli. E su tre tavoli a tempera grigia era disposta la collezione di oggetti rari che Mr Tod, per un processo di eliminazione e per le esigenze di viaggio, aveva ridotto allo scarno essenziale.
In nessuna delle opere d'arte si scorgeva l'immagine umana.
Gli inventari sono una lettura tediosa; mi limiterò quindi a elencare un fang-i Shang di bronzo con la patina « a buccia di melone » ; uno specchio magico di Norimberga; un piatto azteco con un fiore purpureo; il reliquiario di cristallo di uno stupa del Gandhara; un bezoàr montato in oro; un flauto di giada; una cintura di wampum; un falco Horus della prima dinastia, di granito rosa; e certi monili eschimesi, in avorio di tricheco, con figure di animali che per quanto stilizzati sembravano respirare. Devo tuttavia segnalare tre arnesi da taglio, poiché erano il tema di un saggio di Maximilian Todd, Die Àsthetik der Messerschàrfe, pubblicato a Jena nel 1941, in cui egli sosteneva che tutte le armi sono artigli o canini artificiali, e danno a chi le usa il piacere noto ai carnivori quando sbranano la carne viva.
Questi arnesi erano:
1. Un'azza acheuleana di selce proveniente dalle ghiaie della Senna, con l'attrattiva supplementare di una montatura Louis Quinze in bronzo dorato e la dedica « Pour le Roi ».
2. Un pugnale germanico dell'Età del Bronzo, trovato dal padre di Mr Tod nello scavo di un tumulo a Ùckermùnde, sul Baltico.
3. Una lama di spada proveniente dalla collezione del suo amico e maestro Ernst Grùnwald, datata 1279 e firmata da Toshiru Yoshimitsu, il più grande spadaio del Giappone medievale. (Un segno sulla lama indicava che la spada aveva eseguito felicemente, su un criminale, il movimento detto tai, un colpo dal basso in alto che tronca di netto il corpo dall'anca destra alla spalla sinistra).
Né ometterò una descrizione di tre altri pezzi della stessa collezione Grùnwald: una tazza da tè di Kóetsu intitolata Montagne in inverno; una scatola di scorza di betulla intrecciata della Tribù d'Oro della Manciuria; e un blocco di pietra blu-nera con segni verdi e l'iscrizione: « Questa pietra d'inchiostro con Occhi Morti proviene dal Vecchio Pozzo della Rupe Inferiore di Tuan Hsi e appartenne al pittore Mi Fei ».
Nella scatola di scorza Mr Tod custodiva i suoi due beni più cari: una calligrafia del maestro zen Sen Sotan, con la massima: « L'uomo in origine non possiede nulla »; e un rotolo di paesaggio dello stesso Mi Fei - pittore di montagne simili a nuvole e di nuvole simi i a montagne, ubriacone, petromane, intenditore di pietre d'inchiostro, odiatore degli animali domestici, che errava per i monti portando sempre con sé la sua inestimabile collezione d'arte.
Le pareti della stanza erano nude; c'era soltanto, in cornice, una calligrafia turca su foglia d'oro, con un verso di Rumi (Mathnawi, VI, 723): «Essere un morto che cammina, uno che è morto prima di morire ».
La biblioteca di Mr Tod - almeno, la sua parte visibile - non era una biblioteca nel senso corrente ma una raccolta di testi che avevano per lui un significato speciale. Erano legati in carta grigia e custoditi in una cassetta da viaggio di zigrino. Li elencherò nell'ordine in cui erano disposti, perché quest'ordine dà di per sé una certa idea della personalità del proprietario: il trattato di Cassiano sull'accidia; il poema irlandese antico La capanna dell'eremita; il saggio poetico di Hsien Yin Lung Sul vivere nelle montagne; un facsimile del De arte venandi cum avibus dell'imperatore Federico II; lo scritto di Abu'l Fazl su Akbar e i suoi piccioni viaggiatori; le Notes on the Colour of Water and Ice di John Tyndall; L'ironia delle cose di Hugo von Hofmannsthal; Landor's Cottage di Poe; il Pellegrinaggio di Caino di Wolfgang Hammerli; il poemetto in prosa di Baudelaire con il titolo inglese Anywhere out of this World! ; e l'edizione 1840 dell’Étude sur les glaciers di Louis Agassiz, con l'appendice di cromolitografie della Jungfrau e di altri ghiacciai svizzeri.
Dovrebbe essere chiaro, anche per il lettore più sbadato, che Maximilian Tod sono io. La mia storia è priva di importanza. Detesto le confidenze. D'altronde, sono convinto che un uomo è la somma delle sue cose, anche se alcuni fortunati sono la somma di un'assenza di cose. Qualche dato biografico può tuttavia giovare a mettere le mie acquisizioni in una sequenza cronologica."


(da: Il patrimonio di Maximilian Tod, in Bruce Chatwin, Anatomia dell’irrequietezza, Milano : Adelphi, 1996, pp. 80-82)

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