DIDIER ERIBON:. Le vorrei farle una domanda semplice: che
cos'è un mito?
CLAÙDE LÉVI-STRAUSS: È tutto il contrario di una domanda
semplice, perché si può rispondere in parecchi modi. Se
lo chiede a un indiano americano ci saranno forti probabilità
che risponda: una storia dei tempi in cui gli uomini e `
gli animali non erano ancora distinti. Questa definizione
mi sembra molto profonda, perché, malgrado le nuvole
d'inchiostro sollevate dalla tradizione ebraico-cristiana p
mascherarla, nessuna situazione mi pare più tragica, più
offensiva per il cuore e per l'intelligenza, di quella
di un'umanità che coesiste con altre specie viventi su una terra
di cui queste ultime condividono l'usufrutto e con le
quali non può comunicare. Si comprende come i miti rifiutino
di considerare questo vizio della creazione come originale;
che essi vedano nel'la sua comparsa l'evento inaugurale
della condizione umana e della sua debolezza. Si potrebbe
anche cercare di definire il mito per via di opposizione
ad altre forme della tradizione orale: leggenda, racconto...
Ma queste distinzioni non sono mai nette. Forse
queste forme non hanno esattamente lo stesso ruolo nelle
culture, ma sono prodotte dallo stesso modo di pensare, e
l'analista non può impedirsi di considerarle insieme. In
che cosa consiste questo modo di pensare? L'ho detto, al
contrario del metodo cartesiano, in un rifiuto di scomporre
la difficoltà, nel non rassegnarsi mai a risposte parziali,
nell'aspirare a spiegazioni che circoscrivano la totalità dei
fenomeni. È proprio del mito, messo di fronte a un problema,
di pensarlo 'come l'omologo di altri problemi che si
pongono su altri piani: cosmologico, fisico, morale, giuridico,
sociale, eccetera. E di rendere conto di tutti insieme.
Questo spiega i giochi ad incastro che lei mette in evidenza.
Ciò che un mito dice in un linguaggio che sembra adatto a
una certa sfera si diffonde in tutte le sfere in cui potrebbe
porsi un problema dello stesso tipo formale.
Claude Lévi-Strauss e Didier Eribon, Da vicino e da lontano, Milano : Rizzoli, 1988, pp. 193-4
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