Thursday, November 7, 2019

Sulla normativa e sulla standardizzazione... (in Maurizio Vitta)

Nell’inglese del XII secolo la parola «standard» indicava lo «stendardo», ovvero l’insegna che raggruppava uomini d’arme. Poi divenne «esemplare di misura» e alla fine la usarono tutti per indicare la qualità tipica, normativa di un prodotto o di un procedimento. Cosí lo standard è diventato la versione banalizzata della Typisierung di Hermann Muthesius, che in essa si ridusse a un semplice criterio organizzativo della produzione. 

L’idea di una sublimazione del bagno e dei suoi annessi fa della desiderata riservatezza delle proposte progettuali e dell’obbedienza alla normativa igienico-sanitaria un semplice punto di partenza per costruire un clima di affabulazione, che va dalla trasformazione delle cabine della doccia in capsule spaziali o dei rubinetti che creano l’illusione di una mormorante sorgente alpina.

L’idea di un «prodotto» realizzato su ampia scala a partire da un unico prototipo e destinato a una consumazione di massa è presente in tutta la storia umana. Gli studi di Richter e Milner hanno posto da tempo in evidenza la forma standardizzata dei vasi comunemente usati nell’antica Grecia (e anche oltre), dovuta alle diverse funzioni del ricevere, contenere e versare liquidi piú diversi. Nell’antica Roma l’esercito veniva fornito d’armi prodotte in serie e fabbricate in numerosi collegia specializzati, dove dominavano efficienza e standardizzazione. Nel XVI secolo, l’opera di Rabelais, Gargantua e Pantagruele, ricorda la massa di oggetti prodotti in quel tempo, protagonisti di una vicenda in cui l’artigianato e la produzione in serie si frammischiavano...

Quando nel 1773 si mise fine a Milano al complicato sistema delle corporazioni, il provvedimento spazzò via una serie di secolari lacci burocratici, ma mise in evidenza una forte economia produttiva, che andava dalla produzione delle armi ai tessuti e all'oreficeria. Dopo pochi anni, le commesse dell’esercito napoleonico diedero vita in tutta l’Italia del Nord a una fiorente industria basata sulla standardizzazione dei prodotti, dalle divise agli armamenti.

Fu Hermann Muthesius, con le sue «dieci tesi» esposte all’inizio del XX secolo, a prospettare per la cultura progettuale – architettura e design, ancora strettamente intrecciati – una Typisierung, da intendere sia come standardizzazione formale, sia come unificazione stilistica delle singole componenti di un artefatto. Nelle sue tesi erano riassunte le linee direttrici per il futuro del Werkbund e del design in generale: prevalenza di forme standardizzate e tipizzate, lavoro di gruppo, produzione industriale di massa, rifiuto della ricerca artistica e della sua libera creatività, rifiuto dell’imitazione degli stili del passato.

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