Saturday, November 21, 2015

... sulla inevitabile digitalizzazione delle cose

Ecco un articolo scritto da Eugenio Battisti per "Gran Bazar" nel 1985.

Breve e non convinto lamento 
sulla inevitabile digitalizzazione delle cose

Mi dicono che si sono già fatti esperimenti per trasmettere, via cavo, non informazioni, "ma cose"; cioè fasci di elettroni con relativo programma per ricostruire le loro aggregazioni; d'altra parte tutti questi mirabilia li abbiamo già visti ai tempi della nostra infanzia nelle illustrazioni coloratissime dei giornaletti, tipo il Cartoccino, oggi venerati, raccolti nei musei, ma forse ma, studiati come profezie Gli effetti strepitosi della vernice contro la gravità, da spalmarsi sotto le scarpe, in modo da eliminare macchine rd arai, chi li ha dimenticati? Ma quand'è che verranno messi in funzione?
Che cosa ha a che fare, tutto ciò, con le cose e le immagini? Ahimè, moltissimo. Infittì il processo di smaterializzazione, condotto dall'arte con­temporanea e su cui esiste ormai una bibliografia critica cospicua, dopo l'arte concettuale che sembrava costituirne una punta estrema, è conti­nuato al di sotto del revival figurativo e narrativo, ambiguamente librato fra simbolismo, espressionismo e fumetti, che riempie di nuovo le case di quadri da appendere in salotto. È passato in mano dei tecnici, ma si badi: tecnici pericolosi, sperimentatori di nuovi sistemi TV, che hanno portato ultimamente ai grandi panorami circolari animati da ologrammi, programmatori ad altissimo livello, che dopo aver incominciato ad eliminare le biblioteche per sostituirle con banche dati stanno ora saggiando le possibilità (ancora imprevedibili) connesse con la digitalizzazione delle immagini e delle strutture pluridimensionali; ragazzi che si sono abituati a giocare di fronte ad uno scherano, invece clic con giocattoli meccanici o di plastica. II prossimo passo sarà inevitabilmente una serie di macchine utensili invisibili che agiranno tramite forze di cui sarà ne­gata del tutto all'uomo la percezione, e di cui vedremo solo gli effetti. Macchine che sostituiranno, anche nella mitologia collettiva, gli angioli. Molto presto, anche, scomparirà del tutto il rumore, appena si produrranno a basso costo gli apparecchi già usati per le grandi macchine e che lo annullano mediante interferenze di onde sonore. L'elettricità, dominando rotta da sola, ricavata dal sole o anche solo da un lieve barlume, diventerà di nuovo, come ai suoi inizi, pura magia.
Essendo questo il contesto delle prossime settimane, la giustapposizione dei termini: cose e immagini, non può essere musa, a mio parere, né come antitesi, né come coppia parallela ma conte compiuta identità: l'immagine sarà la cosa e la sostituirà: non ci saranno più attori, ma il loro doppio olografico e televisivo, inesistente e convincente, costruito con lavoro snervante mediano rotazioni avanti e indietro di un videodisco, ricavato da filmati che ritraggono un uomo o una donna in tutti i loro atteggiamenti possibili. E questo repertorio sari montato a volontà, ricavandolo da una banca dati nel momento della perfomance, che ovviamente sarà programmata mediante una tastiera o  più semplicemente mediante un co­mando ad alta voce. Non avremo in questa forma Carmelo Bene, ma il suo successore generazionale. Per assurdo, sulla base degli esperimenti già condotti dal MIT, in cale modo saranno programmati anche i grandi incontri politici fra oriente ed occidente, E non c'è speranza che ciò non accada. Lo si è visto, senza che si potesse resistere, durante le grandi consultazioni elettorali, i cui risultati non sono stati più consegnati alla storia dai voti, ma dai pollls. Si è giunto al punto di celebrare l'elezione d'un presidente americano prima che gli elettori andassero a votare nella parte ovest del paese; e gli errori sono talmente minimi da rendere inutili gli spogli delle schede, anzi viene il sospet­to addirittura che proprio per le incongruenze con le previsioni si siano potuto scoprire in qualche caso brogli elettorali, mentre questi avvenivano. La stessa nostra biografia umana e sociale è ridotta ad una serie di numeri: ricavabili dalle carte di credito, dalle cartelle delle tasse, dalle statistiche dei consumi, dalle previsioni compiute fin dall'inizio del nostro ciclo lavorativo sulla nostra presumi­bile data di morte dalle società di assicurazione. II corpo, di cui si sa a menadito capacita di resistenza e performance, usi e bisogni, specialmente superflui ed indotti, è anch'esso ridotto a indici digitalizzab­ili: si canta e ci si allena controllandosi su dei monitors, e tutta l'ultima storia è scritta su supporti smaterializzati, come il videotape, la registrazione su nastro, quando addirittura non si consuma e si annulla in una telefonata. Poveracci gli archivisti del futuro, a ricostruire tracce magnetiche vaghe, piene di rumori di fondo o di silenzi. Ed il mondo esterno che frequentiamo, anch'esso è pura immagine giacché lo conosciamo o lo memorizziamo non sulla base della fatica fisica per dominarlo, ma attraverso diapositive, documentari televisivi, libri a colori, depliants turistici. In realtà noi ne deleghiamo sempre di più la conoscenza ad occhi artifi­ciali e meccanici, che ci portano in foreste inesistenti, in quanto solo parzialmente con­servate o del tutto rifatte, in architetture e città arbitrariamente restaurate sulla base delle mode correnti, per costruire là dove lo si desidera un passato istantaneo, in pseudo società primitive dai comportamenti censurati in modo da rendere irrico­noscibili le motivazioni ed emozioni di base. Certo è qualcosa di più complesso, anche se naif, della nostra socialità svolta solo più via cavo, e prossimamente codificata in linguaggio Ascii. Il bisticcio domestico, il delitto sentimentale, l'aggressione senza ragione, come la bora ed il ciclone (ingredienti che abbiamo subito assimilato esteticamente, cioè di nuovo a livello di immagine introducendoli in mille film del terrore), l'incidente di macchina o la morte per cancro (su cui le cronache cercano di sorvolare), sono gli ultimi tizzi di protesta di una natura che soleva essere sublime, indomabile, divina annichilando l'orgoglio dell'uomo. Sono ora topoi da schedare, se rivestono un certo grado di eccezionalità, nell'archivio fotografico di una grande agenzia di stampa. Così, c'è un'ultima parentesi lasciata ancora indenne ma fruita ahimè senza più senso di rischio, di gioia liberatoria, d'imbarazzo dopo: nonostante cosmetici, deodoranti, pomate o pillole antifecondative l'amore resta una cosa: sporca, umida, sudata, come ha da essere. Fino a quando?
Testo battuto con personal computer Epson X8; stampante Epson FX 80; programma: Word star; inviatoci dall'autore i1 21-3-1985.
“Gran Bazar” giugno-luglio 1985.

                      

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