Thursday, October 4, 2012

History of the World in 100 Objects

Even if the BBC programs (and the book) by Neil MacGregor tell histories of mostly ancient objects (Neil MacGregor is director of the British Museum, London) by listening (or reading) some of them is possible to have an idea for preparing "your" story of the selected Thing.

The Book and the 100 Objects in Wikipedia

BBC & the British Museum: A History of the Worls (download mp3 and transcript)

An example: Episode 100: A portable solar energy panel lamp.
Episode 100 transcript
Testo in italiano


LAMPADA SOLARE E ACCUMULATORE
Prodotti a Shenzhen, Guangdong, Cina
2010 D.C.
Come dovrebbe concludersi la nostra storia del mondo? Con un oggetto che riesca a darci un'idea del nostro pianeta nel 2010, che esprima i timori e le aspirazioni dell'umanità, che condensi un'esperienza universale e al tempo stesso abbia un'importanza pratica per il maggior numero possibile di persone. Già, ma quale oggetto soddisfa questi requisiti?
Col senno di poi sarebbe tutto molto più semplice. Sono sicuro che nel 2110 il direttore del British Museum avrà un'idea chiarissima dell'oggetto che avremmo dovuto acquisire per mantenerci in sintonia col nostro tempo, e sorriderà - o storcerà il naso – davanti a quello che invece abbiamo scelto. Per quella data i fatti o gli sviluppi storici che hanno plasmato i primi decenni del ventunesimo secolo saranno ormai evidenti. Ma noi siamo costretti a decidere nell'ignoranza cui ci condanna il presente. Ci siamo chiesti se fosse il caso di scegliere un oggetto proveniente dall'Antartide, cioè dall'ultimo luogo in cui si sono insediati gli uomini, la tappa finale del loro esodo dall'Africa. Se riusciamo a sopravvivere in quelle condizioni è solo grazie all'equipaggiamento che siamo stati in grado di mettere a punto, e quindi una tuta tecnica progettata per vivere e lavorare in Antartide esprimerebbe alla perfezione il paradosso dell'Homo faber: le cose che fabbrichiamo ci permettono di dominare il nostro ambiente, ma a nostra volta da quelle cose finiamo per essere dominati e dipendere. In ogni caso, come apice dell'inventiva umana, un abito progettato per il luogo più inospitale della terra e indossabile al massimo da alcune migliaia di persone sarebbe stato una scelta un po' miope.
Uno dei fenomeni storici più interessanti degli ultimi decenni del secolo scorso è stato la migrazione di milioni di persone verso città raggiunte, a volte, superando distanze enormi. I migranti hanno cambiato la demografia del mondo, hanno creato qualcosa che in questa forma non era mai esistito: la città globale, dove vivono gomito a gomito, e in relativa armonia, persone provenienti da ogni continente. A Londra, per esempio, si parlano oggi più di 300 lingue diverse. Ebbene, a prescindere da quanto si lasciano alle spalle, i migranti portano sempre con sé la loro cucina; da questo punto di vista l'umanità non è mai cambiata. Perciò, sulle prime, avevamo pensato che il nostro centesimo oggetto potesse essere una serie di utensili da cucina, che ci avrebbero permesso di cogliere la stupefacente varietà delle ricette — e quindi delle culture gastronomiche — che oggi coesistono nelle grandi città del mondo. Ma in questa storia ci siamo diffusamente occupati degli oggetti che usiamo per cucinare, bere e mangiare, e siamo tornati più volte sull'espansione delle città nell'arco dei millenni: l'assortimento internazionale di vasi rotti trovati a Kilwa (capitolo 60) ci ha raccontato come già 1000 anni fa gli scambi culturali interessassero anche la cucina. Dunque, niente utensili.
Oggi, tuttavia, una sola attività umana è veramente globale: il gioco del calcio. L'avvenimento più seguito del 2010 è stato il mondiale in Sudafrica. Come abbiamo visto nel capitolo 38, quando abbiamo parlato della cintura cerimoniale per il gioco della palla, lo sport è sempre servito ad aggregare le comunità, ma oggi sembra che sia andato oltre, unificando il mondo: campioni provenienti dall'Africa occidentale giocano in squadre inglesi che appartengono a uomini d'affari russi; le copie delle loro maglie vengono prodotte in Asia e vendute in Sudamerica. È vero, la maglia di una squadra di calcio può aiutarci a descrivere il presente nel suo aspetto più lieve, e infatti ne abbiamo comprata una per le nostre collezioni: ma del futuro che abbiamo davanti forse non ci dice molto.
Alla fine abbiamo deciso che il centesimo oggetto doveva avere a che fare con la tecnologia, dal momento che ogni anno nuovi dispositivi cambiano le nostre relazioni personali e il nostro modo di lavorare. Un ottimo esempio di quanto stiamo dicendo è il telefono cellulare o, meglio ancora, lo smartphone. Ha più o meno le stesse dimensioni delle tavolette di argilla mesopotamiche, che sono state il primo tentativo dell'umanità di comunicare a distanza, e da quando esiste il nostro modo di scrivere è cambiato: il linguaggio degli SMS è la nuova scrittura cuneiforme. Il cellulare collega all'istante milioni di persone in tutto il mondo, raduna folle enormi come nessun tamburo di guerra è mai riuscito a fare, e se può accedere a Internet ci apre mondi di conoscenza che gli illuministi neppure avrebbero immaginato. Oggi, nelle società avanzate, la vita senza il cellulare è inimmaginabile. Ma il telefono dipende dall'energia elettrica: in sua assenza, è inutile.
Ecco perché il nostro centesimo oggetto è un generatore di elettricità, che potrebbe consentire a un miliardo e 600 milioni di persone, prive di accesso alla rete elettrica, l'energia necessaria a entrare nel mondo delle relazioni globali. Ma questo oggetto può fare molto di più: può offrire a quelle stesse persone un controllo avanzato dell'ambiente, quindi la possibilità di vivere in modo diverso. Che cosa sarà mai questo oggetto misterioso? vi domanderete. È una lampada a energia solare.
Quello che abbiamo acquistato è in realtà un piccolo kit di cui fanno parte una lampada di plastica alimentata da una batteria ricaricabile da 6 volt e, separatamente, un piccolo pannello fotovoltaico che funge da accumulatore. La lampada ha una maniglia e le dimensioni di una grossa tazza da caffè, mentre il pannello assomiglia a un portafotografie d'argento non tanto grande, di quelli che teniamo sulla scrivania o sul comodino. Se il pannello viene esposto per 8 ore alla luce del sole, la lampada può fornire fino a 100 ore di luce bianca costante. Al massimo della carica, è in grado di illuminare un'intera stanza – quanto basta per consentire a una famiglia senza accesso alla rete elettrica di vivere in maniera del tutto nuova. L'intero kit è in vendita a circa 2250 rupie (45 dollari), anche se un semplice faro costa 499 rupie (10 dollari). Ma, una volta pagato, ha bisogno esclusivamente del sole.
I pannelli fotovoltaici convertono la luce solare in elettricità. Se riuscissimo a servircene con maggiore efficacia, tutti i nostri problemi energetici sarebbero risolti. La terra riceve in un'ora più energia solare di quanta non ne consumi in un anno tutta la popolazione mondiale, e i pannelli fotovoltaici sono uno dei modi più semplici e pratici di imbrigliare l'energia illimitata del sole trasformandola in energia pulita, affidabile e a basso costo.
I pannelli sono costituiti da celle di silicio connesse da una rete metallica e racchiuse in involucri di plastica e vetro. Appena esposte alla luce del sole, le celle generano elettricità, che a sua volta va ad alimentare una batteria ricaricabile. Il kit impiega molte nuove tecnologie che negli ultimi tempi hanno trasformato la nostra vita: in buona parte è fatto di plastica, mentre l'accumulatore dipende dal silicio, comepersonal computer e telefoni cellulari. Anche le batterie ricaricabili sono un'innovazione recente. Insomma, questa fonte di energia apparentemente low-tech ha in realtà elementi molto sofisticati.
Tornando alla nostra lampada, è una soluzione elegante e a basso costo, che consente di soddisfare le necessità energetiche di base: produce infatti una modica quantità di energia non solo economica, ma anche durevole. L'aggettivo «modica» è importante. Anche se il silicio costa poco, e la luce del sole è gratuita, pannelli solari di dimensioni tali da generare le enormi quantità di energia elettrica consumate ogni ora dai paesi ricchi avrebbero un costo proibitivo. In sostanza, ci troviamo di fronte al paradosso di una tecnologia costosa per i ricchi e a buon mercato per i poveri.
Molte fra le popolazioni più povere al mondo vivono alle latitudini più soleggiate. Per questo il fotovoltaico è così importante in Asia meridionale, nell'Africa subsahariana e nelle aree del continente americano vicine ai tropici. In una famiglia povera, un numero anche piccolo di volt può fare la differenza. Se si vive ai tropici senza elettricità, il giorno finisce presto. All'illuminazione notturna provvedono candele o lampade a cherosene, ma le candele rischiarano appena e non durano, mentre il cherosene è costoso (consuma in media il 20 per cento del reddito rurale in Africa) ed emette fumi tossici. Le lampade al cherosene e le stufe economiche provocano fino a 3 milioni di morti ogni anno, per la maggior parte donne, perché i fumi sono particolarmente pericolosi negli spazi chiusi, cioè dove si cucina. Inoltre le case sono quasi sempre in legno o in altri materiali naturali altamente infiammabili, quindi esposte al rischio di incendi.
L'avvento dei pannelli solari fotovoltaici potrebbe cambiare quasi ogni aspetto di questa esistenza domestica. La luce gratuita permetterebbe ai bambini – e agli adulti – di studiare la sera, migliorando la propria istruzione e pertanto il proprio futuro. La casa diventerebbe più sicura. Pannelli più grandi potrebbero fornire il calore per cucinare, eliminando i pericoli dei fumi e del fuoco. Ma potrebbero anche fornire energia a frigoriferi, televisioni, computer e pompe idriche, portando nei villaggi gran parte dei beni che oggi si vanno a cercare in città.
Ovviamente il nostro piccolo kit non ha tutti questi poteri, ma insieme alla luce offre qualcosa di molto significativo. Sull'accumulatore c'è un simbolo universalmente noto: la sagoma di un telefono cellulare. Questo strumento ha trasformato da solo l'Africa e l'Asia rurali, avvicinando le comunità, garantendo l'accesso all'informazione sul lavoro e sui mercati, fornendo la base per le nuove reti bancarie informali, che funzionano splendidamente: insomma, ha reso possibile avviare attività economiche anche in assenza di investimenti.
Da un recente studio sui pescatori di sardine dello Stato indiano del Kerala si intuisce che cosa comporti l'introduzione del cellulare in una comunità. Da quando lo possiedono, i pescatori fanno un lavoro molto più sicuro (grazie al meteo in tempo reale) e molto più redditizio: l'accesso alle informazioni sul mercato ha aumentato i profitti, in media, dell'8 per cento. In un altro studio sull'uso del cellulare in Asia meridionale si legge che, con la sua introduzione, il tenore di vita di tutta una serie di soggetti – lavoratori a giornata, contadini, prostitute, conduttori di risciò, bottegai – è sensibilmente migliorato. I pannelli solari servono anche a questo, a rendere il cellulare accessibile a tutti, perfino a chi vive nelle comunità rurali più povere.
Una tecnologia che porta tanti e tali benefici in termini di salute, sicurezza, istruzione, comunicazione e affari ha un che di miracoloso. I pannelli solari non richiedono infrastrutture troppo costose, e il modesto investimento iniziale può essere coperto da una delle tante forme di microfinanziamento oggi disponibili. Una lampada come la nostra, di fatto, si può pagare a rate in uno o due anni con i soli risparmi del cherosene. Economica, pulita, verde: questa tecnologia è alla portata di un numero sempre maggiore di persone, e offre enormi opportunità alle fasce più disagiate.
Ma a beneficiare della sua diffusione potrebbe essere anche l'ambiente: l'energia solare è infatti una risposta alla dipendenza da combustibili fossili, fra le cause principali del riscaldamento globale.
È una possibilità già implicita nelle parole di colui che, più di ogni altro, dobbiamo ringraziare – o accusare – di aver introdotto l'energia elettrica nelle nostre vite: Thomas Edison. È una vera sorpresa scoprire che proprio l'inventore della lampadina, e di molti altri prodotti legati all'elettricità, sia stato un profeta dell'energia rinnovabile. Nel 1931 Edison arringava così i suoi amici Henry Ford e Harvey Firestone: «Fosse per me, investirei tutto il mio denaro nel sole e nell'energia solare. Che fonte di energia! Spero solo di non dover aspettare che il petrolio e il carbone si esauriscano, prima di riuscire a sfruttarla».
L'energia solare sembra un epilogo soddisfacente di questa storia globale. Garantisce alla popolazione le opportunità cui abbiamo accennato sopra, e lo fa senza danneggiare il pianeta. È un sogno del futuro nel quale riecheggia il più profondo e universale dei miti umani: quello del sole che dà la vita. Ecco, la nostra lampada incarna una versione più modesta di quel mito, con Prometeo che, più che rubare il fuoco, dà una mano in cucina.
In fondo abbiamo sempre sognato di catturare il sole, e quando abbiamo imparato a conservare sotto vuoto i frutti della bella stagione, in modo che il calore e il nutrimento dell'estate ci accompagnassero nel corso dell'inverno, abbiamo fatto un piccolo passo in quella direzione. Nel capitolo 1 abbiamo visto il sacerdote egizio Hornedjitef portare con sé, nella tenebra dell'oltretomba, uno scarabeo, simbolo magico della forza rigeneratrice del sole. Oggi, per rischiararsi la via, Hornedjitef sceglierebbe forse una lampada a energia solare. (in Storia del mondo in 1000 oggetti, edizione italiana, Milano : Adelphi, 2012)

1 comment:

  1. The blog on History of the World is very impressive.thanks for sharing...........


    sottovuoto economico

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