Even if the BBC programs (and the book) by Neil MacGregor tell histories of mostly ancient objects (Neil MacGregor is director of the British Museum, London) by listening (or reading) some of them is possible to have an idea for preparing "your" story of the selected Thing.
The Book and the 100 Objects in Wikipedia
BBC & the British Museum: A History of the Worls (download mp3 and transcript)
An example: Episode 100:
A portable solar energy panel lamp.
Episode 100 transcript
Testo in italiano
LAMPADA SOLARE E ACCUMULATORE
Prodotti a Shenzhen,
Guangdong, Cina
2010 D.C.
Come
dovrebbe concludersi la nostra storia del mondo? Con un oggetto che riesca a
darci un'idea del nostro pianeta nel 2010, che esprima i timori e le
aspirazioni dell'umanità, che condensi un'esperienza universale e al tempo
stesso abbia un'importanza pratica per il maggior numero possibile di persone.
Già, ma quale oggetto soddisfa questi requisiti?
Col
senno di poi sarebbe tutto molto più semplice. Sono sicuro che nel 2110 il
direttore del British Museum avrà un'idea chiarissima dell'oggetto che avremmo
dovuto acquisire per mantenerci in sintonia col nostro tempo, e sorriderà - o
storcerà il naso – davanti a quello che invece abbiamo scelto. Per quella data
i fatti o gli sviluppi storici che hanno plasmato i primi decenni del
ventunesimo secolo saranno ormai evidenti. Ma noi siamo costretti a decidere
nell'ignoranza cui ci condanna il presente. Ci siamo chiesti se fosse il caso
di scegliere un oggetto proveniente dall'Antartide, cioè dall'ultimo luogo in cui
si sono insediati gli uomini, la tappa finale del loro esodo dall'Africa. Se
riusciamo a sopravvivere in quelle condizioni è solo grazie all'equipaggiamento
che siamo stati in grado di mettere a punto, e quindi una tuta tecnica
progettata per vivere e lavorare in Antartide esprimerebbe alla perfezione il
paradosso dell'Homo faber: le cose che fabbrichiamo ci permettono di dominare
il nostro ambiente, ma a nostra volta da quelle cose finiamo per essere
dominati e dipendere. In ogni caso, come apice dell'inventiva umana, un abito
progettato per il luogo più inospitale della terra e indossabile al massimo da
alcune migliaia di persone sarebbe stato una scelta un po' miope.
Uno
dei fenomeni storici più interessanti degli ultimi decenni del secolo scorso è
stato la migrazione di milioni di persone verso città raggiunte, a volte,
superando distanze enormi. I migranti hanno cambiato la demografia del mondo,
hanno creato qualcosa che in questa forma non era mai esistito: la città
globale, dove vivono gomito a gomito, e in relativa armonia, persone
provenienti da ogni continente. A Londra, per esempio, si parlano oggi più di
300 lingue diverse. Ebbene, a prescindere da quanto si lasciano alle spalle, i
migranti portano sempre con sé la loro cucina; da questo punto di vista
l'umanità non è mai cambiata. Perciò, sulle prime, avevamo pensato che il
nostro centesimo oggetto potesse essere una serie di utensili da cucina, che ci
avrebbero permesso di cogliere la stupefacente varietà delle ricette — e quindi
delle culture gastronomiche — che oggi coesistono nelle grandi città del mondo.
Ma in questa storia ci siamo diffusamente occupati degli oggetti che usiamo per
cucinare, bere e mangiare, e siamo tornati più volte sull'espansione delle
città nell'arco dei millenni: l'assortimento internazionale di vasi rotti
trovati a Kilwa (capitolo 60) ci ha raccontato come già 1000 anni fa gli scambi
culturali interessassero anche la cucina. Dunque, niente utensili.
Oggi,
tuttavia, una sola attività umana è veramente globale: il gioco del calcio.
L'avvenimento più seguito del 2010 è stato il mondiale in Sudafrica. Come
abbiamo visto nel capitolo 38, quando abbiamo parlato della cintura cerimoniale
per il gioco della palla, lo sport è sempre servito ad aggregare le comunità,
ma oggi sembra che sia andato oltre, unificando il mondo: campioni provenienti
dall'Africa occidentale giocano in squadre inglesi che appartengono a uomini
d'affari russi; le copie delle loro maglie vengono prodotte in Asia e vendute
in Sudamerica. È vero, la maglia di una squadra di calcio può aiutarci a
descrivere il presente nel suo aspetto più lieve, e infatti ne abbiamo comprata
una per le nostre collezioni: ma del futuro che abbiamo davanti forse non ci
dice molto.
Alla
fine abbiamo deciso che il centesimo oggetto doveva avere a che fare con la
tecnologia, dal momento che ogni anno nuovi dispositivi cambiano le nostre
relazioni personali e il nostro modo di lavorare. Un ottimo esempio di quanto
stiamo dicendo è il telefono cellulare o, meglio ancora, lo smartphone. Ha più
o meno le stesse dimensioni delle tavolette di argilla mesopotamiche, che sono
state il primo tentativo dell'umanità di comunicare a distanza, e da quando
esiste il nostro modo di scrivere è cambiato: il linguaggio degli SMS è la
nuova scrittura cuneiforme. Il cellulare collega all'istante milioni di persone
in tutto il mondo, raduna folle enormi come nessun tamburo di guerra è mai
riuscito a fare, e se può accedere a Internet ci apre mondi di conoscenza che
gli illuministi neppure avrebbero immaginato. Oggi, nelle società avanzate, la
vita senza il cellulare è inimmaginabile. Ma il telefono dipende dall'energia
elettrica: in sua assenza, è inutile.
Ecco
perché il nostro centesimo oggetto è un generatore di elettricità, che potrebbe
consentire a un miliardo e 600 milioni di persone, prive di accesso alla rete
elettrica, l'energia necessaria a entrare nel mondo delle relazioni globali. Ma
questo oggetto può fare molto di più: può offrire a quelle stesse persone un
controllo avanzato dell'ambiente, quindi la possibilità di vivere in modo
diverso. Che cosa sarà mai questo oggetto misterioso? vi domanderete. È una
lampada a energia solare.
Quello
che abbiamo acquistato è in realtà un piccolo kit di cui fanno parte una
lampada di plastica alimentata da una batteria ricaricabile da 6 volt e,
separatamente, un piccolo pannello fotovoltaico che funge da accumulatore. La
lampada ha una maniglia e le dimensioni di una grossa tazza da caffè, mentre il
pannello assomiglia a un portafotografie d'argento non tanto grande, di quelli
che teniamo sulla scrivania o sul comodino. Se il pannello viene esposto per 8
ore alla luce del sole, la lampada può fornire fino a 100 ore di luce bianca
costante. Al massimo della carica, è in grado di illuminare un'intera stanza –
quanto basta per consentire a una famiglia senza accesso alla rete elettrica di
vivere in maniera del tutto nuova. L'intero kit è in vendita a circa 2250 rupie
(45 dollari), anche se un semplice faro costa 499 rupie (10 dollari). Ma, una
volta pagato, ha bisogno esclusivamente del sole.
I
pannelli fotovoltaici convertono la luce solare in elettricità. Se riuscissimo
a servircene con maggiore efficacia, tutti i nostri problemi energetici
sarebbero risolti. La terra riceve in un'ora più energia solare di quanta non
ne consumi in un anno tutta la popolazione mondiale, e i pannelli fotovoltaici
sono uno dei modi più semplici e pratici di imbrigliare l'energia illimitata
del sole trasformandola in energia pulita, affidabile e a basso costo.
I
pannelli sono costituiti da celle di silicio connesse da una rete metallica e
racchiuse in involucri di plastica e vetro. Appena esposte alla luce del sole,
le celle generano elettricità, che a sua volta va ad alimentare una batteria
ricaricabile. Il kit impiega molte nuove tecnologie che negli ultimi tempi
hanno trasformato la nostra vita: in buona parte è fatto di plastica, mentre
l'accumulatore dipende dal silicio, comepersonal computer e telefoni cellulari.
Anche le batterie ricaricabili sono un'innovazione recente. Insomma, questa
fonte di energia apparentemente low-tech ha in realtà elementi molto
sofisticati.
Tornando
alla nostra lampada, è una soluzione elegante e a basso costo, che consente di
soddisfare le necessità energetiche di base: produce infatti una modica
quantità di energia non solo economica, ma anche durevole. L'aggettivo «modica»
è importante. Anche se il silicio costa poco, e la luce del sole è gratuita,
pannelli solari di dimensioni tali da generare le enormi quantità di energia
elettrica consumate ogni ora dai paesi ricchi avrebbero un costo proibitivo. In
sostanza, ci troviamo di fronte al paradosso di una tecnologia costosa per i
ricchi e a buon mercato per i poveri.
Molte
fra le popolazioni più povere al mondo vivono alle latitudini più soleggiate.
Per questo il fotovoltaico è così importante in Asia meridionale, nell'Africa
subsahariana e nelle aree del continente americano vicine ai tropici. In una
famiglia povera, un numero anche piccolo di volt può fare la differenza. Se si
vive ai tropici senza elettricità, il giorno finisce presto. All'illuminazione
notturna provvedono candele o lampade a cherosene, ma le candele rischiarano
appena e non durano, mentre il cherosene è costoso (consuma in media il 20 per
cento del reddito rurale in Africa) ed emette fumi tossici. Le lampade al cherosene
e le stufe economiche provocano fino a 3 milioni di morti ogni anno, per la
maggior parte donne, perché i fumi sono particolarmente pericolosi negli spazi
chiusi, cioè dove si cucina. Inoltre le case sono quasi sempre in legno o in
altri materiali naturali altamente infiammabili, quindi esposte al rischio di
incendi.
L'avvento
dei pannelli solari fotovoltaici potrebbe cambiare quasi ogni aspetto di questa
esistenza domestica. La luce gratuita permetterebbe ai bambini – e agli adulti
– di studiare la sera, migliorando la propria istruzione e pertanto il proprio
futuro. La casa diventerebbe più sicura. Pannelli più grandi potrebbero fornire
il calore per cucinare, eliminando i pericoli dei fumi e del fuoco. Ma
potrebbero anche fornire energia a frigoriferi, televisioni, computer e pompe
idriche, portando nei villaggi gran parte dei beni che oggi si vanno a cercare
in città.
Ovviamente
il nostro piccolo kit non ha tutti questi poteri, ma insieme alla luce offre
qualcosa di molto significativo. Sull'accumulatore c'è un simbolo
universalmente noto: la sagoma di un telefono cellulare. Questo strumento ha
trasformato da solo l'Africa e l'Asia rurali, avvicinando le comunità,
garantendo l'accesso all'informazione sul lavoro e sui mercati, fornendo la
base per le nuove reti bancarie informali, che funzionano splendidamente:
insomma, ha reso possibile avviare attività economiche anche in assenza di
investimenti.
Da
un recente studio sui pescatori di sardine dello Stato indiano del Kerala si
intuisce che cosa comporti l'introduzione del cellulare in una comunità. Da
quando lo possiedono, i pescatori fanno un lavoro molto più sicuro (grazie al
meteo in tempo reale) e molto più redditizio: l'accesso alle informazioni sul
mercato ha aumentato i profitti, in media, dell'8 per cento. In un altro studio
sull'uso del cellulare in Asia meridionale si legge che, con la sua
introduzione, il tenore di vita di tutta una serie di soggetti – lavoratori a
giornata, contadini, prostitute, conduttori di risciò, bottegai – è
sensibilmente migliorato. I pannelli solari servono anche a questo, a rendere
il cellulare accessibile a tutti, perfino a chi vive nelle comunità rurali più
povere.
Una
tecnologia che porta tanti e tali benefici in termini di salute, sicurezza,
istruzione, comunicazione e affari ha un che di miracoloso. I pannelli solari
non richiedono infrastrutture troppo costose, e il modesto investimento
iniziale può essere coperto da una delle tante forme di microfinanziamento oggi
disponibili. Una lampada come la nostra, di fatto, si può pagare a rate in uno
o due anni con i soli risparmi del cherosene. Economica, pulita, verde: questa
tecnologia è alla portata di un numero sempre maggiore di persone, e offre
enormi opportunità alle fasce più disagiate.
Ma a
beneficiare della sua diffusione potrebbe essere anche l'ambiente: l'energia
solare è infatti una risposta alla dipendenza da combustibili fossili, fra le
cause principali del riscaldamento globale.
È
una possibilità già implicita nelle parole di colui che, più di ogni altro,
dobbiamo ringraziare – o accusare – di aver introdotto l'energia elettrica
nelle nostre vite: Thomas Edison. È una vera sorpresa scoprire che proprio
l'inventore della lampadina, e di molti altri prodotti legati all'elettricità,
sia stato un profeta dell'energia rinnovabile. Nel 1931 Edison arringava così i
suoi amici Henry Ford e Harvey Firestone: «Fosse per me, investirei tutto il
mio denaro nel sole e nell'energia solare. Che fonte di energia! Spero solo di
non dover aspettare che il petrolio e il carbone si esauriscano, prima di
riuscire a sfruttarla».
L'energia
solare sembra un epilogo soddisfacente di questa storia globale. Garantisce
alla popolazione le opportunità cui abbiamo accennato sopra, e lo fa senza
danneggiare il pianeta. È un sogno del futuro nel quale riecheggia il più
profondo e universale dei miti umani: quello del sole che dà la vita. Ecco, la
nostra lampada incarna una versione più modesta di quel mito, con Prometeo che,
più che rubare il fuoco, dà una mano in cucina.
In
fondo abbiamo sempre sognato di catturare il sole, e quando abbiamo imparato a
conservare sotto vuoto i frutti della bella stagione, in modo che il calore e
il nutrimento dell'estate ci accompagnassero nel corso dell'inverno, abbiamo
fatto un piccolo passo in quella direzione. Nel capitolo 1 abbiamo visto il
sacerdote egizio Hornedjitef portare con sé, nella tenebra dell'oltretomba, uno
scarabeo, simbolo magico della forza rigeneratrice del sole. Oggi, per
rischiararsi la via, Hornedjitef sceglierebbe forse una lampada a energia
solare. (in Storia del mondo in 1000 oggetti, edizione italiana, Milano : Adelphi, 2012)